Prima la pandemia, e poi la guerra. Stiamo distruggendo, pezzo per pezzo, l’informazione italiana. Lo stiamo facendo (anzi, lo stanno, perché non mi piglio responsabilità in questo scempio) in modo cosciente e coscienzioso, una picconata dopo l’altra. Per due anni abbiamo visto scienziati contrapposti, anche gente che negava il Covid e che poi è finita a scrivere libri sul Covid e come combatterlo. Qualche nome? Burioni, e anche la Gismondo. L’informazione, affamata di “contrapposizione” da talk anche quando serviva unitarietà informativa, è diventata inattendibile. E sono convinto che molti dei no vax che sono venuti dopo siano figli proprio di quel metodo: quando vale tutto, perché non dovrebbe valere anche la loro – per me non condivisibile – opinione?
Una narrazione su due vie
Adesso, con la guerra, continua una narrazione che si dipana su due vie. La prima è la replica della pandemia. Gente che si parla contro, Povia contro Orsini contro Parsi, in un enorme talent show per capire chi sarà la star a commentare l’orrore nel cuore d’Europa. La seconda via è l’uniformità dell’informazione. Nei talk show si cerca solo la rissa, nei telegiornali invece si mischiano fatti con propaganda. Fatti concreti, tipo che Putin è un invasore e sta bombardando, e roba che non c’entra, tipo le illazioni sulla malattia di Putin, sulla sua pazzia, sui golpe interni, e su altro che – allo stato attuale – non pare avere mezza pezza d’appoggio. Si trasformano in eroi gente alla quale io non vorrei stare nel raggio di 500km, tipo il battaglione Azov e quei neonazisti. O il satrapo turco che adesso diventa mediatore di pace. Insomma, viviamo nella disinformazione.
Nessuno guarda il telegiornale, l’avanguardia di TikTok
In tutto questo i talk show registrano i dati d’ascolto più bassi di sempre, in discesa perenne. I giornali vendono meno copie e in generale l’allineamento generale – che un tempo era dettato di fatto dal tg delle 20 – è saltato completamente. I dati di ascolto ci raccontano che se negli anni ’90 tutti guardavano almeno un telegiornale al giorno, e la stragrande maggioranza quello dell’orario di cena, adesso c’è una fetta grande, che va crescendo, che non guarda nessun telegiornale e si informa (informa?) sul web, sui social, addirittura con una avanguardia che è migrata dalle parole di Facebook ai mini-video di TikTok. In tutto questo c’è pure chi rifiuta di informarsi, e alla sera apre Netflix o Prime Video.
I media, però, ripropongono il mix che li porterà alla morte. Da una parte la contrapposizione da circo, e dall’altra l’informazione stereotipata. Io penso che dalla guerra, dopo la pandemia, l’informazione non si riprenderà più. Perché c’è una rivoluzione in atto, di cui ancora non ci stiamo accorgendo, che porterà effetti devastanti sulla società, con l’esplosione del complottismo, delle teorie alternative, delle “verità nascoste” che in fondo il circuito mediatico ha alimentato per cercare di rianimare l’audience in un estremo tentativo di rimanere in vita.