Genovesi e liguri più in generale gente dal “braccino corto”? Non si direbbe, a giudicare dai fondi che la regione Liguria dedica alla promozione del territorio. Il “merito” è da ascrivere al presidente Giovanni Toti (per inciso: ligure non è, ha origine toscane e prima di essere eletto per la prima volta governatore riuscì a collocare Novi Ligure, che è in provincia di Alessandria, nella regione che di lì a poco avrebbe amministrato).
Il caso Canalis
Il governatore sembra avere un debole per le spese destinate a pubblicità e rappresentanza. Meglio se con strascichi polemici per i troppi fondi impegnati e per le gaffe a contorno, che sembrano diventate una specialità dell’ex direttore di testata Mediaset. Non sono passati neppure due mesi da quando la Regione Liguria ha speso centomila euro per uno spot con testimonial Elisabetta Canalis, passato su Raiuno durante il Festival di Sanremo.
L’inciampo? Affidare l’invito a visitare le bellezze liguri a una soubrette di Alghero che vive da tempo negli Stati Uniti. Pur mettendoci tutta la buona volontà, è difficile unire i puntini, come nel giochino della Settimana enigmistica, e avere un disegno di senso compiuto della strategia comunicativa adottata. Possibile che non ci fosse un personaggio famoso, ligure doc, che potesse promuovere la sua Regione, magari anche con un cachet più contenuto?
La trasferta a Dubai
A quanto pare, però, Toti sa essere di manica larga non solo con le ex veline: non ha infatti badato a spese anche per una recente trasferta a Dubai in occasione dell’Expo, dove, ha fatto notare Ferruccio Sansa, capo dell’opposizione in consiglio regionale e sfidante di Toti alle ultime regionali, non si vuole “discutere la missione, ma gli sprechi”. Fondi sono stati elargiti a tv e giornali locali, a partire dal “Secolo XIX” che ha inviato a proprie spese un suo giornalista, ma che ha ottenuto che a pagare un videomaker freelance che lavorasse per la testata storica genovese fosse la Regione. Quindicimila euro sono andati all’emittente Primocanale, 4mila a Telenord e 4mila al sito Genova 24. La parte del leone l’ha fatta la Manzoni, concessionaria di pubblicità del Secolo XIX (e di tutte le testate Gedi: Repubblica e Stampa in Liguria hanno edizioni regionali): 30mila euro.
Nella trasferta, ad accompagnare Toti, tra gli altri, la portavoce Jessica Nicolini e tre addette stampa, secondo quanto riportato dal “Fatto Quotidiano” (di cui, per dovere di cronaca va ricordato, Ferruccio Sansa è stato una delle firme di punta sino alla elezione in consiglio regionale). Quando si tratta di fare promozione, la buccia di banana sulla quale scivolare, per i presidenti di regione italiani c’è sempre. Ed è difficile che non la calpestino e rimangano, metaforicamente parlando, in piedi.
Marche e Mancini
Prendiamo l’esempio delle Marche. Il presidente Acquaroli ha fortemente voluto come testimonial della sua regione il ct della Nazionale Roberto Mancini, che è di Jesi. Solo che la scelta è caduta sull’allenatore azzurro subito dopo la vittoria agli Europei l’11 luglio scorso. Il problema è che Mancini è lo stesso ct che ha dovuto incassare l’eliminazione dell’Italia dai mondiali del Qatar. Pensate che la regione gli abbia rescisso il contratto da testimonial per una campagna per cui l’ente ha stanziato 5 milioni di euro? Assolutamente no.
E il governatore l’ha spiegato così in una conferenza stampa: “La mancata qualificazione dell’Italia non cambia l’intenzione della Regione di proseguire la campagna di promozione insieme alla figura di Roberto Mancini, così come programmata. Si ribadisce il sostegno totale della nostra Amministrazione e il ringraziamento al CT per quanto fatto fino ad oggi e quanto farà ancora per le Marche. Quando un anno fa lo abbiamo cercato per affidargli l’incarico prestigioso di testimonial non lo abbiamo fatto solo per il campione sportivo in sé e da tutti conosciuto ma per la straordinaria persona di grande marchigiano”. Per cui ancora per nove mesi circa il volto delle Marche sarà quello di Roberto Mancini. Giudichino i pubblicitari se la mossa è azzeccata, azzardata o completamente sbagliata.
Calabria da oscar
In quanto a sbagli clamorosi, la palma d’oro rimane saldamente nelle mani della regione Calabria, che è stata capace di spendere 1 milione e settecentomila euro per un film promozionale di otto minuti affidato al regista Gabriele Muccino. Come testimonial erano stati scelti Raoul Bova e la moglie Rocio Munoz Morales, bluffando un po’ anche sulle origini calabresi dell’attore, in realtà nato a Roma da padre calabrese e madre campana.
Lo spot era stato fortemente voluto dalla governatrice Jole Santelli, poi prematuramente scomparsa. A sovrintendere perché la cosa andasse in porto fu poi il suo vicepresidente facente funzioni Nino Spirlì. Negli otto minuti del cortometraggio sono stati “riproposti vecchi stereotipi con coppole, bretelle e scene che ricordano il ‘Padrino'”, scrisse il Corriere della Sera, che raccolse lo sdegno di Florindo Rubbettino, della omonima casa editrice: “Sono senza parole. Manca la ricerca di una terra che tenta di innovarsi. È una follia allo stato puro”.
Basta poi attraversare lo Stretto di Messina per trovare la strana campagna promossa dalla Regione guidata da Nello Musumeci, che mirava a sottolineare la bravura degli amministratori siciliani nello spendere i fondi del Fo Posr (Piano Operativo – Fondo europeo di sviluppo regionale). Il budget messo a disposizione dell’Azione 11.2.1 “Informazione e Comunicazione” prevedeva per l’intero periodo di programmazione 2014-2020 una dotazione complessiva di 19,3 milioni di euro.
La fetta più grossa della spesa – il 39% – si concentra nel 2022. Acquistare gli slot televisivi per mandare in rotazione lo spot sul “governo del fare” – accusa l’opposizione pentastellata – è costato alla Regione quasi 700 mila euro di soldi pubblici provenienti dall’Europa. La differenza sottilissima, evidenziano i Cinque Stelle è fra il pubblicizzare le risorse della Sicilia e mostrare, invece, i tagli del nastro, come quello che ritrae Musumeci alla fine del filmato da 30”, mandato in onda su tutti i canali nazionali prima dell’inizio dei telegiornali. Una somma di 1,4 milioni di euro è stata invece destinata, sempre dalla Regione Sicilia, all’attuazione “di una campagna promozionale del programma See Sicily” e “il contestuale rafforzamento del brand “Sicilia” da realizzarsi sui principali network televisivi nazionali”: Rai, Mediaset, Rete 8, Canale 9, Sky e TV 2000, ritenuta “importante per il segmento del turismo religioso”.
Un’usanza comune
In confronto a tali giganti possono apparire ben poca cosa le gaffe fatte dall’Umbria e dall’Abruzzo. Nel primo caso, i 500mila euro spesi dalla Regione per la campagna promozionale “Natale in Umbria” sono stati soldi sprecati: lo scatto della campagna (giornali e affissioni nelle grandi stazioni) ritraeva un paesaggio in cui sembrava spiccare una baita alpina (la location in realtà era Todi, ma la costruzione ricordava molto da vicino le tipiche abitazioni da montagna del Trentino). Nel caso dell’Abruzzo, una campagna per le sue spiagge sull’Adriatico fu realizzata usando foto della Maldive. Non siamo riusciti a risalire allo stanziamento, ma in un caso come questo anche un solo euro pubblico sarebbe da considerare buttato al vento.