Il progetto delle Case di Comunità è probabilmente la più importante opportunità offerta dalla riforma della Medicina Territoriale al centro anche del PNRR. Potrebbero essere il luogo a cui i pazienti si rivolgono per i servizi di natura territoriale. Dall’assistenza del medico di medicina generale alla nuova figura dell’infermiere di comunità.
“C’è bisogno di coordinamento tra i servizi”
Ma ci sono delle lacune, come evidenzia Davide Croce, che dirige il Centro sull’Economia e il Management nella Sanità e nel Sociale della LIUC Business School (LIUC – Università Cattaneo): “Manca la capacità di lavorare in maniera coordinata da parte di alcuni servizi. Oggi per prendere in carico un paziente cronico, con problemi come diabete o che soffrono di malattie cardiovascolari o pneumologiche, devono spostarsi in ospedali lontani dalla propria residenza. Hanno bisogno di servizi coordinati, da eseguire all’interno delle Case di Comunità”.
L’esito dell’indagine
L’equipe diretta da Davide Croce, nel corso del 2021, ha svolto un’indagine finalizzata a proporre un modello di accreditamento per le cooperative dei medici di famiglia capace, come tutti i sistemi di accreditamento istituzionali, di mantenere un elevato il livello qualitativo delle cure fornite, introducendo un sistema di assicurazione della qualità sugli input e basato sulle caratteristiche minime che la struttura deve possedere per poter essere contrattualizzata nel SSR. Il progetto è stato sostenuto da un grant non condizionante di Novartis, Pfizer e Bayer. Commenta Croce: “Dalla nostra ricerca è emerso che chi ha già avviato le Case della Salute, come la Toscana o l’Emilia Romagna, non è allineato alla necessità indicate dal dm 71 in merito alle Case di Comunità. Sono ridotte in termini di accesso e di volume, cioè relativamente a quante persone possono ospitare”.
Insomma le opportunità ci sono, ma occorre ragionare sulla realizzazione pratica di queste strutture. Se si guardasse allo stato attuale in base a quanto previsto dal PNRR bisognerebbe prevedere una Casa della Comunità ogni 20.000 per un totale di 3.010. Attualmente sul territorio nazionale equiparando le Case della Comunità alle cosiddette Case della Salute, se ne contano 489 (in 13 Regioni), la maggior parte localizzate nelle regioni centrali (Toscana ed Emilia-Romagna rappresentano circa il 41% del totale attuale). Se alle Case della Salute si aggiungono tuttavia strutture a queste assimilabili, si pensi ai Presidi territoriali di assistenza o alle Unità di cure complesse primarie, la copertura regionale incrementa a 15 Regioni.
Il focus regionale
L’analisi ha messo in luce come, allo stato attuale, nessuna Regione sia in grado di erogare, indipendentemente dalla tipologia, tutti i servizi. Nello specifico, dall’analisi condotta dai ricercatori emerge come le regioni “verdi”, ovvero quelle che mostrano una buona copertura risultano essere Emilia-Romagna, Marche e Umbria; quelle “rosso-arancione”, ovvero quelle sulle quali sarà necessario avviare maggiori interventi per garantire gli standard minimi di servizi/funzioni richiesti alle Case della Comunità sono Sardegna, Toscana, Veneto e Piemonte. Croce e il suo team ritengono che “le cooperative di medici generali potrebbero rappresentare importanti snodi per i servizi ai cittadini”. E dare concreta attuazione al progetto delle Case di Comunità.