La partita a scacchi per il nuovo stadio di Milano è arrivata alle mosse decisive e nessuno dei protagonisti vuole sbagliare, tanto alta è la posta in palio. Non può permettersi errori il sindaco Beppe Sala, stretto tra le tensioni politiche della sua area di riferimento (dove molti gradirebbero un abbandono dei progetti) e il terrore di vedere Milan e Inter scappare a Sesto San Giovanni lasciando in eredità una costosissima cattedrale nel deserto. E non possono sbagliare nemmeno i due club per non bruciare due anni e mezzo di lavoro e denaro investito dovendo poi renderne conto anche alle rispettive proprietà.
Un botta e risposta all’apparenza aggressivo
Si spiega così la strategia comunicativa di queste settimane. Un botta e risposta all’apparenza aggressivo ma che in realtà continua ad evitare di arrivare alle estreme conseguenze e, cioè, alla rottura del canale che tiene ancora legati Sala e le società. Non è sfuggito che, anche nell’intervento congiunto di Paolo Scaroni e Alessandro Antonello a Radio 24 dello scorso 6 aprile (giorno 1000 dalla presentazione del primo studio di fattibilità) non c’è stato un attacco diretto all’inquilino di Palazzo Marino. Milan e Inter hanno notificato ufficialmente che ritengono da qui in poi possibile il trasferimento fuori dai confini cittadini, ma nessuno si è spinto ad accusare direttamente Sala dell’eventuale fallimento del progetto originario. Scaroni ha fatto un discorso più ampio ragionando sull’incapacità (o mancava volontà) della politica milanese di rendere il piano sul nuovo San Siro un piano per tutta la città e non solo un business dei due club, ma non ha associato pubblicamente questa critica a Sala.
Milan e Inter cercano di non intralciare Sala
E Sala continua a scansare le polemiche dopo la risposta piccata alle prime indiscrezioni su un progetto per Sesto San Giovanni, tentando di tenere il profilo basso e accelerare il più possibile i tempi degli ultimi passaggi burocratici. Con la sensazione, però, di essere abbastanza isolato visto che le voci contrarie al progetto si moltiplicano mentre quelle favorevoli latitano: fare una rapida rassegna stampa degli ultimi mesi per trovare conferma. Ecco perché la parola d’ordine in casa Milan e Inter è ancora cercare di non mettere in difficoltà il sindaco che rimane, seppure con tempi troppo lenti per Elliott e Suning, l’unica ancora cui aggrapparsi per non cancellare tre anni di lavoro.
Le posizioni si stanno cristallizzando
C’è il tema del progetto definitivo che tanti vorrebbero prodotto da Milan e Inter in sede di dibattito pubblico e che Scaroni e Antonello non intendono far realizzare (spendendo altri milioni di euro) con la quasi certezza di doverne poi discutere ogni minimo particolare con comitati e correnti dei partiti. Per questo Scaroni dice che le società si stanno impegnando a fornire ogni documentazione necessaria senza, però, dare l’ok a un dossier mastodontico che nella testa dei club esiste già – oltre 900 pagine – ed è noto da tre anni. Sala, stretto tra le parti, ha scelto di sposare questa linea confermandosi ad oggi l’unico alleato del calcio milanese. Dovrà, però, stringere i tempi e questa è l’impresa più ardua ora che da Sesto San Giovanni gli hanno fatto sapere che sarebbero in grado di arrivare alla posa della prima pietra entro 18 mesi dall’ok a un eventuale stadio. Significherebbe chiudere tutto entro cinque anni, curiosamente l’orizzonte temporale che Scaroni e Antonello si sono fatti sfuggire nel già citato intervento su Radio 24. Ufficialmente non confermano di aver aperto un dialogo con altre amministrazioni comunali, ma tutto porta a pensare che il treno sia già partito. Sempre nella speranza di poter tornare alla stazione iniziale, che sarebbe poi la soluzione più indolore per tutti.