di Francesco Floris
Una stoccata a testa. A colpi di fioretto. Ma più appuntito. In conferenza stampa alla Fondazione Catella, giovedì 28 gennaio, l’omonimo Manfredi, numero di uno di Coima, ha detto presentando il progetto sul Pirelli 39: “Si può fare solo con gli incentivi della legge regionale”. Mentre se il Comune di Milano vuole andare avanti sulla strada della battaglia senza quartiere alle legge che concede volumetrie aggiuntive (fino 25 per cento) più sconti su oneri e destinazione funzionale a chi recupera palazzi abbandonati da oltre cinque anni “noi faremo lo stesso il progetto, ma senza il ponte, lo spazio pubblico che doniamo alla città”. Come a dire: caro Palazzo Marino, con o senza di voi, Coima va avanti.
Il progetto
Dall’altro lato della barricata l’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran risponde a distanza: la legge è incostituzionale – dice – e se qualcuno porterà il Comune davanti al Tar, Palazzo Marino è pronto ad andare davanti alla Consulta. Che, vittoria o sconfitta a parte della sua linea, significa bloccare tutto per parecchio tempo. Beppe Sala sconfessa la linea del suo assessore a parla all’Ansa di “progetto interessante”. Così il primo cittadino parlando dei due nuovi grattacieli firmati Coima e collegati da un ponte (il “ponte-serra”). Il primo un palazzo residenziale, il “Botanica”, da 26 piani (3 piani pubblici), almeno 100 appartamenti, 13mila piante di cui 420 alberi lungo il perimetro e a strati, suddivisi per specie e somiglianze cromatiche durante i cicli stagionali, con pannelli fotovoltaici lungo i parapetti. Nei fatti, il nuovo “Bosco Verticale” di Milano. Un secondo grattacielo di uffici. Tutto firmato dalle archistar Stefano Boeri e Elizabeth Diller che hanno il sogno di creare nell’area un distretto cittadino su natura e energia con quelli che i due progettisti internazionali hanno definito “laboratori di botanica per la coltivazione di piante medicinali e conservazione della biodiversità, incubatori di vita naturale e urbana, banca dei semi, spazi eventi collegati alla metropolitana”. I soldi per fare tutto ciò? Li trova Catella (li ha già trovati): 300 milioni di euro, comprensivi dei 193 milioni di euro spesi per acquistare Pirellino e diritti di superficie nel 2019 grazie al fondo immobiliare i cui quotisti sono Cassa Depositi del Quebec, Poste Vita, Inarcassa, un Fondo Sovrano e un Fondo Pensione asiatico, e alla regia creditizia di Banca Popolare di Milano. Fine lavori? Quattro anni dal momento della partenza. “Di certo sarà pronto per le Olimpiadi” ha detto Manfredi Catella.
Catella: “Avanti lo stesso”. Maran non lo cita
Sullo sfondo del triangolo non troppo amoroso Coima-Maran-Sala, c’è la notizia rivelata da True-News mesi fa e ora ripresa dal Corriere della Sera, che il sindaco di Milano non voglia nella futura giunta, in caso di vittoria, i pezzi grossi del Pd che hanno già fatto due mandati da assessori. Per un governo della città meno “politico” (cioè meno Partito democratico) e più “saliano” in senso stretto: a perdere il posto sarebbero lo stesso Maran, Marco Granelli e Cristina Tajani. L’assessore all’Urbanistica sta conducendo i suoi ultimi mesi di mandato e campagna elettorale (dove “rischia” di fare il botto di preferenze) da nemico giurato di costruttori e fondi immobiliari. Ricambiato, peraltro, dagli imprenditori del “mattone” che sognano Maurizio Lupi candidato del centrodestra e che accusano l’Urbanistica di ideologia contro il real estate e di inefficienza. Fra Catella e Maran ora si è ai ferri corti. Con l’assessore che nell’ultima intervista rilasciata a Milano Sud su Scalo Romana – più importante partita immobiliare e urbanistica della città nei prossimi dieci anni, futuro epicentro delle Olimpiadi invernali, e che Mr. Porta Nuova si è aggiudicato come unico offerente assieme a Covivio e Prada per 180 milioni da Ferrovie dello Stato Sistemi Urbani –, nemmeno lo cita più: “Stanno iniziando i lavori e ora?” domanda a Maran il giornalista. “Comune, Ferrovie e Covivio, la nuova proprietà, stanno lavorando parallelamente affinché l’area dello Scalo ferroviario di Porta Romana sia pronto nel suo complesso entro le Olimpiadi invernali del 2026”, risponde l’assessore. “La nuova proprietà” dice senza citare. Nuova proprietà, ma anche un po’ anonima. Chi ha orecchie per intendere, intenda? No, fanno sapere fonti dall’assessorato. Una svista e basta.
Cdx e csx insieme? Prove tecniche di larghe intese a Palazzo Marino
La partita ora si allarga. Coima ha presentato il progetto di rigenerazione urbana su Melchiorre Gioia e sul Pirellino, il grattacielo comprato con un’asta monstre dal Comune di Milano nel marzo 2019 (battendo al fotofinish i competitor di Merope, specializzati in edilizia di lusso e partecipati da John Elkann) e il cui atto notarile è datato 24 ore prima che passasse la legge regionale che concede bonus volumetrici. Poi ha presentato la documentazione in Comune, agli uffici tecnici. La giunta ha approvato la delibera con i 37 indirizzi che hanno fatto richiesta dei bonus, fra cui “Pirellino”. Una delibera che, a quanto dice Maran, si basa su una legge incostituzionale. L’approvazione definitiva passa dal consiglio comunale. Qui la faccenda si complica: la maggioranza di centrosinistra è spaccata. Con i consiglieri Natascia Tosoni, David Gentili, Carlo Monguzzi (tutti e tre non ricandidati dal Pd al prossimo giro), forse il “verde” Enrico Fedrighini e altri che potrebbero non votare. Il centrodestra pure è spaccato. Non sulla legge regionale, che tutti apprezzano visto che è stata vergata dalla maggioranza Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia al Pirellone, e che porta la firma dell’assessore leghista Pietro Foroni, ma su quali sono gli immobili che hanno diritto ai benefici. “Sala e Maran lasciano quartieri a convivere con il degrado, con il rischio di crolli e occupazioni, tengono ferma una delibera che faciliterebbe la rigenerazione di 180 immobili” dice il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Marino, Fabrizio De Pasquale facendo riferimento alla mappatura delle aree abbandonate di Milano. Per il capogruppo degli “azzurri” “progetti come il nuovo stadio o la rigenerazione del Pirellino sono destinati alla paralisi. Sala svolta a sinistra e vola le spalle alle imprese e al rilancio economico di Milano”. Per il forzista Alessandro De Chirico si “rischia di impantanare l’ennesimo progetto edilizio di cui Milano avrebbe, invece, un gran bisogno. Soprattutto in un momento in cui è indispensabile far ripartire la nostra economia, accompagnata da quell’atmosfera internazionale che negli anni, grazie anche a Expo, fece diventare attrattiva e cool la mostra Milano” dice ricordando però che la Milano attuale è figlia delle giunte Albertini e Moratti, non del tandem Sala-Pisapia. Uno dei must del centrodestra meneghino. Ma poi c’è chi è contrario alla rigenerazione di Pirelli 39 fatta così. È il caso di Chicco Marcora. Il consigliere eletto con la lista Sala nel 2016, vicino per vita lavorativa e famiglia al mondo immobiliare, ha rotto con l’ex manager di Expo dopo nemmeno un anno dalle elezioni. E ora è passato in Fratelli d’Italia. Per lui “concedere bonus volumetrici a chi ha comprato un edificio dal pubblico sei mesi prima è un’eresia imbarazzante” che il consiglio comunale deve bocciare. Il timore di ricorsi contro il Comune? “Ne arrivano tre al giorno di ricorsi contro la pubblica amministrazione a Milano” risponde Marcora. La sua idea, al massimo, è un’altra. Catella vuole le volumetrie aggiuntive (che Coima non ha spalmato sui grattacieli, se non in minima parte, bensì sulla realizzazione del ponte pubblico) per partire? Bene. Come opera di compensazione metta a posto in tutto o in parte il Naviglio di Melchiorre Gioia per la riapertura del canale come promesso da Beppe Sala cinque anni fa. Questa la posizione di Marcora. Una posizione che farebbe comunque discutere in città.
Cosa cambia se Palazzo Marino dice no?
È una geografia politica inedita quella che stiamo vedendo in comune. Sull’affaire Pirellino si potrebbe assistere a prove tecniche di larghe intese. Con il centrosinistra più vicino a Sala che vota a favore insieme a Forza Italia, il Pd che si spacca, aprendo una crisi politica a pochi mesi dalle elezioni. In piazza della Scala c’è chi vuole votare contro ma teme le conseguenze. Perché un conto è bocciare in toto una delibera. Un conto togliere alcuni dei 37 indirizzi che secondo la “politica” non hanno diritto alle “regalie” della legge sulla rigenerazione urbana. Il presidente della Commissione Antimafia David Gentili ha scritto al Segretario Generale del Comune di Milano, Fabrizio Dall’Acqua, per avere risposte. Il motivo? Dall’Urbanistica hanno fatto sapere che, norma alla mano, non si poteva fare altro che certificare il bonus per Coima e gli altri. La posizione della Regione è l’esatto opposto: “Ogni Comune può decidere come declinare la legge sul proprio territorio” ha detto l’assessore a Protezione Civile e Territorio della giunta Fontana, Pietro Foroni. Domanda di Gentili: “Le chiedo se sia possibile tramite emendamento eliminare un immobile indicato nell’elenco in delibera, e che usufruirà dei benefici della legge regionale 18 del 26 novembre 2019, oppure modificare il testo del dispositivo. Nel caso, come immagino, non sia possibile presentare emendamenti alla delibera, le chiedo quali effetti amministrativi produrrebbe la bocciatura in aula della stessa, per ciò che attiene l’elenco degli immobili indicati?”. La risposta del Segretario Generale – l’uomo-macchina del Comune – è di quelle non facili da interpretare. Dice che “una simile opzione appare praticabile solo in presenza di adeguata motivazione che confuti idoneamente le risultanze istruttorie cui è pervenuto l’ufficio proponente”. Tradotto: i politici devono sconfessare, nel merito, i tecnici che hanno approvato la documentazione portata da Coima. Poi Dall’Acqua aggiunge: “Il tenore letterale della norma sembra dunque imporre ai Consigli comunali – nei fatti invero comprimendone (seppur discutibilmente) l’autonomia pianificatoria – l’individuazione degli immobili cui, al ricorrere dei requisiti sopra indicati […] Ne consegue, a parere di chi scrive, l’impossibilità di espungere dall’elenco dei beni indicati in proposta uno o più immobili pur in presenza dei requisiti anzidetti”.
Gentili: “Sospesi i poteri del consiglio comunale”
Materiale per gli avvocati ma pare che no, il consiglio comunale non possa modificare la delibera. Per i più duri, fra cui Gentili, una vera e propria sospensione della democrazia municipale che li porta a porre una domanda retorica: cosa significa che dover votare un atto su cui non è possibile decidere nulla? Per lui questa è una norma che “chiama i consigli comunali a ratificare un percorso amministrativo, si sta calpestando ciò che è piena responsabilità dei dirigenti dell’amministrazione e ciò che è strettamente di competenza politica” dichiara a True-News. E bocciare la delibera in toto invece? Il Segretario Generale aggiunge che la “norma non disciplina le conseguenze derivanti nel caso di mancata approvazione della proposta”. Quindi conseguenze ve ne sono di certo, ma nessuno sa quali di preciso. E probabilmente la parola passerebbe ai giudici amministrativi. Rimane una domanda: chi vincerà?