La guerra è arrivata in Italia, a reti unificate. Da due mesi il dibattito mediatico si è infiammato, con l’arma degli opinionisti sganciata per sostenere tesi a favore di Ucraina o Russia. Accuse di propaganda imbeccata da uno o dall’altro lato schieramento vengono scandite da settimane. Ma in questi ultimi giorni il sistema d’informazione italiano ha conosciuto un’autentica escalation mediatica.
In particolar modo, ha fatto scalpore l’intervista esclusiva al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, alla trasmissione “Zona Bianca” in onda su Mediaset. Un autentico scoop di Rete 4 che dalla televisione è sconfinato nel mondo della diplomazia (in settimana la Russia si è scusata con Israele per la sparata del ministro sull’origine ebraica di Hitler).
Cosa ne pensano gli italiani?
Il 62,6% degli italiani ritiene giusta la scelta di una tv italiana di ospitare in una sua trasmissione il ministro degli esteri russo Lavrov. Innanzitutto perché “i giornalisti italiani devono avere il diritto di invitare chiunque a parlare nelle proprie trasmissioni” (31%) e secondo “perché quando abbiamo ospitato l’intervento di Zelensky in Parlamento, questi non ha avuto un contraddittorio quando ha parlato” (31,6%).
Di diverso avviso il 19,3% secondo cui chi rappresenta un regime che nega la libertà di parola ed è responsabile di crimini di guerra non può fare un comizio sulla tv italiana mentre un ulteriore 16,2% avrebbe considerato legittima l’intervista solo se vi fosse stato contraddittorio. È quanto emerge dal sondaggio settimanale realizzato da Termometro Politico tra il 3 e il 5 maggio.
Chi vuole davvero la pace?
Oltre un terzo degli italiani (37,6%) ritiene che il mancato accordo sulla pace in Ucraina sia responsabilità di Usa, Nato e Ue che “sperano che una guerra lunga indebolisca strategicamente la Russia”. Il 34,2% dà invece la colpa a Putin, il 3,2% a Zelensky e infine il 22,8% a tutti gli attori in gioco.
La maggioranza degli intervistati ritiene che l’Italia non stia facendo i propri interessi, con le scelte fatte in questo conflitto. Per il 33,7% stiamo infatti provocando una crisi economica che sta colpendo gli italiani mentre per il 28,3% siamo di fatto nelle condizioni di una colonia. Al contrario il 7,1% crede che una Russia più debole e meno pericolosa sia nel nostro interesse. A promuovere le scelte fatte dal governo è un ulteriore 27,2% secondo cui con le azioni intraprese stiamo rafforzando l’Unione Europea e l’alleanza con gli altri paesi occidentali.
Il parere dell’Osservatorio Globalizzazione
Un’alleanza occidentale disomogenea che sembra non voler la pace, ma nemmeno esplicitamente la guerra, è ritenuta più colpevole dagli italiani rispetto a Putin per lo scoppio della guerra in Ucraina. Con Roma che non sta facendo i propri interessi nella guerra in corso. Una chiave di lettura che sorprende solo in parte se pensiamo alle diverse componenti della nostra società, sottolineano gli analisti dell’Osservatorio Globalizzazione: un Paese in bolletta energetica, in crisi da tempo, reduce dal biennio pandemico si trova a gestire una fase bellica con una mobilitazione ideale orientata a bisogni pragmatici.
Carovita, sicurezza energetica, stabilità prevalgono: la visione degli italiani sembra una media tra le considerazioni del direttore di Limes, Lucio Caracciolo, e le parole di Papa Francesco nella recente intervista al Corriere della Sera. Caracciolo da tempo analizza con forza le responsabilità del blocco atlantico nel non far nulla per evitare che la Russia arrivasse all’impulsivo gesto del 24 febbraio. E, del resto, se la responsabilità morale dell’aggressore è chiara, le scelte strategiche dei Paesi europei rischiano di essere autolesioniste se compiute nell’applicazione di agende esterne.
Il Papa ha citato “l’abbaiare della Nato” ai confini della Russia, e gli italiani hanno con ogni probabilità accolto con malcelata soddisfazione la sua analisi. Più europea che occidentale, poco avvezza alla geopolitica, pacifista perché contraria a qualsiasi grande impresa ed economicista: l’opinione pubblica italiana vede come una iattura la guerra, portatrice di un profondo stato di inquietudine. E questa assenza di mobilitazione in un’opinione pubblica distante dal furor interventista del governo Draghi segnala come si debba parlare di “solidarietà occidentale” in forma diversa dalla strumentale volontà americana di coprire di valori ideali il controllo geopolitico sull’Europa? Una guerra in cui Washington sta combattendo la Russia utilizzando il territorio e le vite degli ucraini e l’economia europea apre a grandi riflessioni sul tema.
True Data
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