Non solo un evento musicale. Ma uno specchio delle relazioni geopolitiche del presente e dei rapporti tra le nazioni all’interno e all’esterno dei confini europei. Da oggi, domenica 8 maggio, l’Italia torna a ospitare l’Eurovision Song Contest, una sorta di europeo delle canzoni, nato nel 1956 a Lugano e organizzato annualmente dai membri dell’Unione europea di radiodiffusione.
“L’Ucraina ha già vinto la sua battaglia ma non è l’unica favorita”
Quest’anno si tiene a Torino perché a vincere la scorsa edizione è stato un gruppo italiano: i Maneskin, trionfatori a Sanremo con il loro brano “Zitti e buoni”. Sono 40 le delegazioni nazionali a sfidarsi, si parte martedì alle 21 con la prima semifinale, condotta su Rai 1da Alessandro Cattelan, Laura Pausini e Mika. Favorita, secondo i bookmakers, è l’Ucraina, con “Stefania”, brano firmato dal gruppo Kulash Orchestra, un’ode alle madri, dipinte come figure forti e amorevoli. Nel contesto di una guerra in corso, con l’Ucraina attaccata dalla Russia, la canzone gialloblù gode già delle simpatie del pubblico. E di tutto il fronte anti-Russia. Lo scorso febbraio, infatti, quando il Cremlino ha attaccato l’Ucraina, l’Ebu ha reagito alle pressioni di molti dei suoi membri vietando la partecipazione russa all’ESC del 2022. Le due stazioni televisive, controllate dal governo russo e coinvolte nella competizione, sono uscite dall’Ebu. Non era mai successo prima che l’organizzazione eliminasse con tale rapidità una nazione dalla competizione per motivi politici.
Secondo Dean Vuletic, storico dell’Europa contemporanea presso il centro di ricerca sulle trasformazioni sociali dell’Università di Vienna, contattato da True-news.it, “l’Ucraina ha vinto la battaglia in Eurovision il giorno dopo essere stata invasa dalla Russia, quando l’Eurovision Broadcasting Union ha deciso di escludere la Russia dal concorso di quest’anno. Quindi il fatto che l’Ucraina partecipi all’Eurovision quest’anno e la Russia no, è già una vittoria politica per l’Ucraina”.
E’ la fotografia di un evento che supera la mera dimensione musicale. E da sempre si pone come alter-ego culturale di intrecci politici e sociali. Dean Vuletic riscostruisce i rapporti tra la gara canora e le evoluzioni socio-politiche dell’Europa del dopoguerra nel libro Postwar Europe and the Eurovision Song Contest, da poco tradotto in Italia da Livia Novello Paglianti per Minimum Fax. Per l’esperto, però, la canzone dell’Ucraina non è totalmente una scommessa sicura: “Lo dico a causa della complessità del sistema di voto del concorso. Mentre la canzone potrebbe beneficiare di un voto di simpatia nel televoto pubblico, l’altro cinquanta per cento del risultato sarà determinato da giurie di esperti nazionali che si concentrano sulla qualità musicale delle canzoni, quindi un voto di simpatia potrebbe non essere così forte in questo segmento della votazione”.
Il blocco dei voti
Proprio i voti per le canzoni sono il primo riscontro di una divisione in blocchi tra le nazioni partecipanti: “I blocchi – spiega Vuletic – sono sempre stati un aspetto dell’Eurovision, a cominciare da uno francofono negli anni ’60 che ha portato allo sviluppo reattivo di uno nordico. Dagli anni ’90, i blocchi più controversi sono stati quelli dell’Europa orientale. Ma le critiche dell’Europa occidentale nei loro confronti erano più un riflesso di più ampie ansie sociali e politiche sull’integrazione europea”. Musica e politica, una relazione tutt’altro che fantasiosa. “Così l’European Broadcasting Union ha tentato di affrontare tali preoccupazioni sui blocchi di voto quando nel 2009 ha reintrodotto le giurie di esperti nazionali come cinquanta per cento del voto: dal 1999 al 2008 il voto è stato al 100 per cento appannaggio del televoto pubblico. Le giurie di esperti hanno lo scopo di fornire un focus “oggettivo” sulla qualità musicale dei brani”.
Il nation fashioning di chi organizza: “L’Italia si presenta come gay friendly grazie a Mahmood e Blanco”
Eurovision offre ai paesi l’opportunità di promuovere se stessi attraverso le loro canzoni e l’hosting del concorso. Spiega Vuletic: “Il nation fashioning dipende dall’attuale contesto politico: per alcuni paesi, come Estonia, Lettonia, Serbia, Turchia e Ucraina tra il 2002 e il 2008, ospitare il concorso è stata un’opportunità per promuovere le proprie aspirazioni all’integrazione europea. Quando si parla dell’Italia, direi che i vantaggi per essa nell’ospitare il contest non sono tanto economici, perché che il soft power italiano ha una grande influenza nel mondo attraverso la cultura popolare e il turismo. Ma la canzone di Mahmood e Banco ritrarrà sicuramente l’Italia come molto gay friendly, e questo è significativo in quanto l’Italia è classificata dall’ILGA (l’associazione internazionale di lesbiche e gay) come quella con il peggior livello di diritti LGBT nell’Europa occidentale.
I diritti civili protagonisti: le esclusioni di Ungheria e Turchia
Il tema dei diritti civili si lega indissolubilmente alla partecipazione di alcune canzoni. Gli artisti e le canzoni del concorso sono presentati da organizzazioni di radiodiffusione nazionali che sono membri dell’EBU, ma poiché i singoli appaiono sotto i nomi di paesi, il concorso è visto come una competizione tra paesi dove le alleanze e le rivalità internazionali hanno quindi un impatto anche sull’Eurovision. All’interno dell’Unione Europea, possiamo vedere che c’era una divisione tra i suoi membri nell0Eurovision soprattutto durante la crisi finanziaria del 2008, quando i vincoli economici hanno impedito ad alcuni paesi dell’Europa meridionale di partecipare al concorso, o almeno li hanno costretti a dare meno soldi alla partecipazione nell’Eurovision. L’assenza dell’Ungheria negli ultimi anni riflette anche le critiche del governo Orbán ai valori liberali europei e i critici del governo hanno accusato che il ritiro dell’Ungheria dall’Eurovision sia dovuto alla promozione positiva delle questioni LGBT del concorso. Il ritiro della Turchia dall’Eurovisione dal 2012 riflette anche il peggioramento delle relazioni di quel paese con l’Unione Europea, soprattutto perché i negoziati di Ankara per l’adesione all’Unione Europea si sono arenati”, aggiunge l’esperto.
“Una grande opportunità per la Rai”
“L’Eurovision in Italia avrà anche un grande vantaggio per la RaI in quanto dimostrerà la sua capacità di organizzare e produrre uno dei più grandi programmi televisivi del mondo. Considerando che la RaI si è ritirata dall’Eurovision dal 1998 al 2010, ospitare il concorso è anche un modo per dimostrare che la RAI è ancora un membro importante dell’Eurovision. Ricordiamo che è stata anche la RAI a inventare l’Eurovision, in quanto il concorso è stato ispirato al Festival di Sanremo”. L’intera Europa avrà gli occhi puntati sull’evento. Ma non solo per ascoltarne le canzoni in gara.