Il canone Rai dal 2023 potrebbe costare al contribuente italiano 300 euro all’anno, con una ricaduta mensile per utente di 25 euro, più del doppio di quanto oggi si paga per abbonarsi a Netflix e ad altre piattaforme streaming. E’ la conseguenza della “fuoriuscita” della tassa tv, che oggi è di 90 euro, dalla bolletta dell’energia elettrica, un sistema introdotto dal governo Reni nel 2016 per combattere l’evasione.
L’Unione europea ha infatti imposto agli Stati membri l’estromissione dalle bollette di fornitura di energia elettrica i cosiddetti oneri impropri.
L’ipotesi del canone nel modello 730
La misura è ancora allo studio, soprattutto per quanto riguarda il meccanismo di riscossione da adottare. Si parla di inserire il canone nel modello 730 per la dichiarazione dei redditi, un metodo già adottato dalla Francia nel 2005 (i cugini di Oltrealpe pagano il 50% in più di canone annuo rispetto all’Italia). Si riproporrebbe, però, il problema : la tassa sarebbe inserita in uno strumento ad alto tasso di evasione.
Remota la possibilità di abolizione del canone, che consente alla Rai di avere i bilanci in attivo: nel 2020 le entrate da canone hanno superato gli 1,72 miliardi di euro. La richiesta di abolizione periodicamente torna da parte di diverse forze politiche, ma l’attuazione sarebbe solo fumo negli occhi. Il motivo? Il pagamento della “quota Rai” sarebbe comunque presente nella fiscalità generale, dovendo il governo stanziare dei fondi ad hoc nella legge di bilancio.
L’ultima ipotesi sarebbe quella di copiare il modello israeliano, dove la tassa sulla tv è legata al possesso di immobili e auto, ma è la meno percorribile considerata già l’elevata tassazione sulle case presente in Italia.
Dove finiscono i soldi del canone Rai
Con il pagamento del canone in bolletta (dieci rate da 9 euro), secondo quanto dichiarato in un’audizione del 2021 dall’ad della Rai Carlo Fuortes nella Commissione di vigilanza sulla tv di Stato, «è aumentato il numero dei paganti dai 15 milioni ai 21-22 milioni» e «il tasso di evasione è sceso dal 27 per cento al 5 per cento, e attualmente è intorno al 3 per cento». Interpellato dal quotidiano Il Giorno, lo stesso Fuortes oggi afferma che, sul discorso canone fuori dalla bolletta, «l’azienda è un soggetto passivo. Ci dobbiamo uniformare a quanto deciso da governo e Parlamento». Fuortes prosegue dicendo che «è assolutamente indispensabile che gli introiti da canone non diminuiscano. Noi abbiamo ragionato, già da agosto, sulle entrate da canone di Rai. Un canone che è il più basso e del quale una parte, pari a circa il 14%, non arriva all’azienda».
Va ricordato, infatti, che oggi, dei 90 euro di canone annuo, nelle casse di viale Mazzini arrivano 75,4 euro. La differenza che finisce alla tv pubblica rispetto alla cifra riscossa in bolletta è dovuta al fatto che il passaggio della somma non avviene direttamente dalla bolletta alla Rai, ma transita per l’agenzia delle Entrate che trattiene una quota per il Fondo per l’Editoria di competenza della presidenza del Consiglio e di quello per le antenne locali, che compete al Mise.
L’Aduc: l’alternativa su Internet
Sulla ipotesi dell’aumento del canone nel 2023, la prima associazione a consumerista a far sentire la sua voce è stata l’Aduc, che spiega: “A sentire cosa dice a giorni alterni l’attuale presidente Rai, sembra che il problema più grosso in questo momento sia solo aumentare gli introiti estendendo anche il numero di pagatori. Se da parte Rai abbiamo l’interesse a maggiori introiti per far meglio lavorare l’azienda, i “padroni” dell’informazione di Stato (i partiti in Parlamento) sembra siano poco attenti ad utenti e contribuenti, interessati invece a trovare maggiori spazi per le proprie persone e, di conseguenza, maggiori spazi per il loro strumento di propaganda”.
Quindi l’appello a “utenti e contribuenti tenuti a debita distanza dal poter esprimere qualunque opinione in materia ad abbandonare la tv tradizionale con l’antenna, quella per cui al momento si paga l’imposta-canone. Le alternative, inclusa la Rai stessa, sono molteplici in Internet dove, più o meno, è presente anche chi invia il segnale sull’antenna del nostro tetto di casa”.
Il 2023 sarà l’anno della fuga dalla Rai?
Al momento l’Italia è il paese europeo dove il canone Rai è più basso (in Germania guardare la tv di Stato costa 220 euro l’anno, in Gran Bretagna 185 e in Francia 138), ma se l’ipotesi dell’aumento a 300 euro fosse confermata balzerebbe nel 2023 al primo posto della classifica. Un non invidiabile primato, considerato che il telespettatore pagante con la Rai deve sorbirsi la programmazione imposta: un “pacco” degno del miglior Amadeus.