La radio l’avevamo dimenticata. L’avvento della televisione, di internet e degli smartphone non l’hanno fatta sparire del tutto. L’apparecchio radiofonico è ancora lì che regge. Lo dimostra persino il conflitto russo ucraino. Si sono sviluppate tecnologie che utilizzano i satelliti, ma non sono mai state dismesse le radio HF e VHF.
I russi alla radio
La necessità di manovrare unità senza che l’avversario potesse intercettare il segnale trasmesso e l’esigenza di anticiparne le mosse diedero l’impulso allo sviluppo di tecniche di intercettazione e criptazione del segnale è cruciale.
L’esercito russo come gran pare di quelli occidentali è dotato di sistemi sofisticati, come le radio tattiche R-187P1 Azart and R-168-5UN-2, ma informazioni reperite dall’intelligence aperta dimostrano che alcuni militari russi hanno impiegato radio commerciali del tipo Motorola o Kenwood o di fabbricazione cinese BaoFeng UV-82HP, comunicando in chiaro.
La radio in guerra
Cosa potrebbe significare una comunicazione in chiaro in un conflitto, senza voler azzeccare o sbagliare quello che accadrà, ma cercando di capire perché si parla in chiaro.
Le ragioni di questo impiego, anche connesse tra di loro, potrebbero essere che:
- il personale sia scarsamente addestrato alle comunicazioni radio e che la componente Comunicazioni non abbia predisposto cifrari da utilizzare in comunicazioni in “chiaro”;
- la comunicazione in chiaro potrebbe essere una forma di deception che potrebbe rivelare false informazioni su attività, ma soprattutto morale delle truppe;
- Mancanza di equipaggiamento per le forze in campo, per cui si è optato per l’impiego di mezzi facili da reperire sul mercato ed economici;
- non ci sia preoccupazione dell’uso in chiaro della radio.
- la paura dei soldati per cui quando appreso con l’addestramento non è stato applicato.
Occorre studiare le vecchie forme di comunicazioni radio, a partire dai nominativi delle maglie e le procedure da seguire predisponendo cifrari in caso non si potesse utilizzare, soprattutto per motivi operativi, il sistema dotato di sistemi cifranti.
Questi brevissimi spunti ci fanno comprendere, ancora una volta, come l’approccio al problema operativo debba necessariamente passare per lo studio della storia militare, in quanto importante strumento per chi è sul terreno e non per chi reputandosi esperto, ha bisogno di pubblicazioni in materia o comparse in TV.
La radio non va mai in soffitta
L’evoluzione esponenziale delle tecnologie legate alla comunicazione, spesso dotate di sistemi crittografici integrati, ha lasciato da parte vecchie procedure, ritenute ormai un antico e noioso ricordo del passato. Il dibattito scientifico, commerciale e militare sta virando verso l’utilizzo delle tecnologie 5G, sempre più legato all’Internet of things e la digitalizzazione del campo di battaglia. Ma la radio è sempre lì.
Già le guerre mondiali avevano mostrato l’importanza della radio per i rapporti di comando e controllo. Oggi, invece, la capillare diffusione e il costante utilizzo di smartphone ha fatto perdere le principali precauzioni dettate dalle procedure di base delle comunicazioni su sistemi in chiaro.
Le attività di open source intelligence hanno palesato la leggerezza con cui entrambe le parti utilizzino i sistemi di comunicazione privata per documentare, o “postare”, un’azione o le sue conseguenze. Eppure questa prassi, benvoluta dai media, può rivelarsi dannosa per il combattente e la sua missione, a meno che non sia di psyops!