Ad aprile l’Intergovernmental Panel on Climate Change, ovvero il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), ha pubblicato un ampio rapporto su come gli esseri umani potrebbero mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Oltre al passaggio all’energia eolica e a quella solare, le due iniziative a maggiore impatto, si cita anche il “passaggio a diete sane, equilibrate e sostenibili”. Una versione light rispetto al testo precedente, che pare citasse un’alimentazione a base vegetale, secondo un rapporto di Reuters. Vero è che non si può discutere dell’impatto del cibo sul clima senza parlare di quanto inquina l’industria della carne.
Quanto inquina l’industria della carne
Se la produzione alimentare rappresenta circa il 26% di tutte le emissioni globali di gas serra, la maggior parte arriva dal bestiame: in particolare quelle più elevate provengono da ruminanti come bovini e ovini, che rilasciano metano mentre digeriscono il cibo. Per ogni grammo di proteine la carne bovina ha otto volte le emissioni di gas serra del pollo e 25 volte quella del tofu. Anche l’impatto sulla terraferma è enorme, come riporta Wired. Quasi l’80% dei terreni agricoli viene utilizzato come pascolo oppure viene destinato a coltivazioni per sfamare gli animali negli allevamenti: questo determina il 41% della deforestazione tropicale annuale.
Un impatto decisamente massiccio. Eppure, per avere grandi benefici ambientali basterebbe anche solo una piccola diminuzione del nostro consumo di carne bovina. Sostituirne anche solo un quinto, per esempio, con una micoproteina, come il Quorn (un fungo proteico), potrebbe rallentare drasticamente il ritmo della futura deforestazione. Uno studio sulla rivista Nature ha ipotizzato che cosa potrebbe accadere in futuro: se le persone sostituissero il 20% della carne bovina a tavola con micoproteine, i tassi di deforestazione entro il 2050 sarebbero la metà di quelli previsti.
L’industria della carne inquina? Basta mangiarne meno
Altri studi scientifici sostengono che bisogna ridurre in modo molto più drastico il consumo di carne. La Commissione EAT-Lancet, ad esempio, raccomanda che le persone non mangino più di 98 grammi di carne rossa (maiale, manzo o agnello) a settimana, mentre l’americano medio ne mangia quasi sette volte tanto.
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Meglio stare su obiettivi più realistici? Decisamente sì, secondo Florian Humpenöder, ricercatore presso l’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico in Germania e autore principale del documento di Nature: “Raggiungere una quota di sostituzione del 20 percento entro il 2050 mi sembra un piano in qualche modo realizzabile“, dice.
Lo studio evidenzia come anche una riduzione relativamente piccola del consumo di carne bovina possa portare grandi dividendi ambientali, come afferma Michael Clark, ricercatore post-dottorato presso l’Università di Oxford. Ma bisogna incentivare il cambiamento, anche da parte delle istituzioni, attraverso la diffusione di messaggi: “Piuttosto che chiedere al pubblico di rinunciare del tutto alla carne, possiamo convincere le persone a passare a diete più sostenibili. Si tratta di comunicare in un modo che non sia scoraggiante”.