La guerra in Ucraina ha sollevato un tema sulla leva militare. Putin ha un problema: la Russia considera il conflitto “operazione speciale” e non “guerra”. Questo impedisce al paese di richiamare in massa coscritti per colmare le ingenti perdite subite e di punire severamente chi rifiuta la chiamata alle armi.
Il caso russo
Sin dall’inizio delle ostilità tra Russia e Ucraina i media occidentali si sono chiesti che tipologia di truppe fosse impiegata da Mosca. Dopo un primo momento di negazione dell’impiego di coscritti, oggi è chiaro che giovani militari, con scarso addestramento e non di professione siano impiegati nelle ostilità.
In sintesi, l’organizzazione militare russa prevede quattro gruppi principali: ufficiali, (un gruppo molto piccolo di) sottufficiali, personale a contratto e coscritti. Storicamente, la Russia ha utilizzato la leva per garantirsi un grosso bacino di personale addestrato, in caso di mobilitazione per una grande guerra. Questo approccio è orientato anche alla riduzione dei costi di una grossa impalcatura territoriale.
Oggi, la Russia richiede a tutti i cittadini maschi di età compresa tra i 18 ei 27 anni di registrarsi per la leva, normalmente per la durata di un anno, e quindi passare allo stato di riserva obbligatoria. È inoltre generalmente vietato l’impiego all’estero. Questo aspetto costituirebbe il nodo della questione interna. Tuttavia, l’impiego dell’esercito di leva in operazioni lontane e fuori dal territorio nazionale ha dimostrato, generalmente, la scarsa efficienza, in quanto morale e componente ideologica sono molto bassi. Ma quanti sono i militari russi?
Quanti sono i soldati russi?
Questa questione è stata inoltre recentemente sintetizzata da Suzanne Freeman su Politco.eu, dimostrando come la mancanza di obiettivi chiari e condivisi tra politica e forze sul campo dia scarsi risultati operativi. La Russia attualmente schiera un esercito in servizio attivo di poco meno di un milione di uomini. Di questi, circa 260 mila sono coscritti e 410 mila sono volontari.
L’aumento dell’impiego di militari di leva per Mosca costituirebbe la tacita ammissione delle difficoltà operative incontrate in Ucraina. Tuttavia, si sente da giorni parlare di un passaggio dall’operazione speciale alla guerra. Questo implicherebbe per le forze di Mosca l’attuazione di ciò che è per l’Italia il codice penale militare di guerra con tutto ciò che consegue in termini di misure contro diserzione, renitenza e ammutinamento. Qualora tale legislazione non sia già in atto per l’operazione speciale.
Storia della naia
Nella storia, la leva ha rappresentato, sin dalla sua introduzione in epoca moderna, un vero e proprio cambiamento sociale. La rivoluzione francese introdusse la leva come obbligo e diritto del cittadino di difendere la propria nazione. Da un punto di vista ideologico, separava l’antico regime dalla nazione rivoluzionaria basata sul cittadino in armi.
Il suddito si aspettava che fosse il sovrano a garantire protezione e sicurezza; mentre il cittadino imbracciava le armi per difendere gli interessi propri e delle proprie famiglie e i principi di libertà e uguaglianza. Si passa, in altre parole, alla difesa condivisa. Dove la componente ideologica e morale era forte, questi eserciti di leva combatterono e ottennero degli ottimi risultati. Laddove vi era una scarsa convinzione e si percepiva l’obbligo e la lontananza dagli obiettivi politici l’impiego della leva in operazioni militari è fallito miseramente.
L’impiego di militari di leva in difesa della propria nazione ha solitamente effetti diversi dall’impiego in un’operazione offensiva. Tuttavia occorre comprendere quale sia il vero scopo della leva, la difesa degli interessi di una comunità.
Due esempi di successo
L’aspetto motivazionale ed etico è fondamentale. Gli eserciti di massa che funzionano sono quelli con un’altissima motivazione ideologica che le nazioni interessate insegnano sin dai banchi di scuola. A esempio, l’Israel Defense Forces (IDF). L’obiettivo dell’esercito israeliano è la difesa dell’esistenza, dell’integrità territoriale e della sovranità di uno stato circondato da stati nemici e minacciato dal terrorismo. Ma prima di vestire l’uniforme il cittadino di Israele impara ad amare la propria comunità, ne conosce i miti fondativi e la storia Questi elementi costituiscono il substrato entro cui agisce l’addestramento militare.
Simile al modello israeliano è quello svizzero, dove il coscritto è il cittadino chiamato a difendere il proprio territorio dalla minaccia percepita. La Svizzera non ha un esercito, la Svizzera è un esercito, così si diceva durante la guerra fredda. Tale modello ridotto dopo il 1991, e riformato con la legge Esercito XXI, è l’ordinamento della difesa svizzera. Il principio della milizia territoriale è alla base del modello svizzero. La milizia ha origini remote in Europa, si annovera ad esempio quella paesana sviluppata nei possedimenti sabaudi. Ogni comunità offriva al sovrano un certo numero di coscritti che si riunivano periodicamente in esercitazioni. Così la Svizzera ha mantenuto questo sistema, creando legame territoriale a quello morale e ideologico che viene offerto nel percorso scolastico ed educativo del cittadino.
L’obbligo di prestare servizio militare inizia con la registrazione a 18 anni. A seconda del ruolo e del grado che si raggiunge il cittadino svizzero è chiamato alle armi. La ferma scade a dieci anni dalla nomina a soldato e fino a 50 anni per specialisti e graduati. A seconda del grado rivestito il cittadino svizzero è obbligato a presentarsi alle istruzioni militari periodiche. Questo modello di milizia territoriale offre una garanzia di efficienza in quanto si base su una forte componente morale.
La leva è utile?
Spesso si parla, anche in Italia, di ripensare la leva, ma frequentemente viene attribuito a questa proposta un valore educativo che esula dalle funzioni di una forza armata. Discutere sull’utilità della leva dovrebbe servire a costituire e diffondere la cultura della sicurezza condivisa. Lungi dal riportare il discorso indietro nel tempo, una nuova riflessione dovrebbe porre la comunità nazionale di fronte alle sfide e agli obiettivi futuri. L’antico motto rivoluzionario di cittadino-soldato dovrebbe essere declinato nel dibattito presente. Ripensare la leva vuol dire rendere il cittadino consapevole dei legittimi interessi della collettività.