di Francesco Floris
Molto istruttivo leggere l’elenco degli “eventi” legati al G20 a Presidenza italiana. Covid permettendo, un’infinità di “Ministerial Meetings”, di “Finance Track” (i diversi gruppi di lavoro dedicati alla crescita sostenibile e inclusiva, all’architettura finanziaria internazionale, alle infrastrutture e all’inclusione finanziaria), di “Sherpa Track” e via dicendo. Istruttivo che nell’anno in cui l’Italia presiede il forum informale dei principali Paesi industrializzati e non per l’avvio di riforme coordinate a livello globale, ad essere tagliata fuori dalla discussione e dalla “geografia degli incontri” è la prima città per l’economia della penisola: Milano. Un solo evento si terrà nel capoluogo lombardo. Uno smacco per una delle più importanti aree metropolitane per prodotto interno lordo d’Europa? Sì, se si guarda come sono distribuite le altre decine di incontri: Roma la fa da padrona, e va bene perché è la Capitale. Ma perché mai ben cinque aCatania? Cinque a Trieste? Quattro a Venezia? Non vi viene in mente? Vi diamo un suggerimento: incrociate i luoghi con la provenienza di alcuni potenti ministri e sottosegretari con deleghe legate all’economia. O meglio: ex ministri ed ex sottosegretari del governo Conte-bis. Troverete alcune curiose coincidenze. Magari Mario Draghi – chiamato a gran voce per “spendere bene i soldi”, e non solo – potrebbe partire proprio da qui. Una distribuzione un po’ più equa e meno lottizzata delle briciole. In un Paese che ha smesso di fare le pagnotte.