Era difficile ipotizzare il contrario, ma iniziano ad arrivare le prime conferme. Il referendum sulla giustizia è in bilico. La data estiva, la complessità di 5 quesiti tecnici e la mancanza di convinzione da parte dei partiti – anche quelli promotori – fanno pensare al quorum come a un miraggio. Il prossimo 12 giugno, insieme con la tornata amministrativa in quasi mille comuni, gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su: abrogazione della legge Severino, limitazione delle misure cautelari, separazione delle carriere, valutazione dei magistrati e firme per candidarsi al Csm. Quesiti che, anche a causa della scarsa campagna elettorale e copertura mediatica, ricevono una bassa attenzione dagli elettori. Il raggiungimento della soglia del 50% dei votanti pare ad oggi una chimera.
Italiani molto dubbiosi
Quasi un italiano su due non andrà a votare ai prossimi referendum sulla giustizia. Solo il 32,6% ci andrà sicuramente, il 7,6% non è sicuro di andarci al 100% mentre il 6,5% lo farà solo se l’affluenza darà l’impressione di superare il 50%. Sono alcuni dei dati emersi dal sondaggio settimanale realizzato da Termometro Politico tra il 24 e il 26 maggio.
Nonostante il raggiungimento del quorum per i referendum sulla giustizia sia molto difficile, il 65,9% considera lo strumento dei referendum abrogativo utile per il nostro Paese. Tra questi, il 33,3% vorrebbe che fossero consentiti anche i referendum propositivi mentre il 24,9% auspicherebbe l’abolizione del quorum. C’è poi un 27,6% che considera lo strumento utile per alcune materie ma non per altre. Appena il 3,4% vorrebbe la sua abolizione.
Una democrazia stanca
La democrazia italiana vive una fase di stanchezza. Per ogni partito e movimento la scarsa partecipazione diventa sempre più un alibi da sventolare. Per sminuire le vittorie altrui e giustificare le proprie sconfitte e sempre meno un elemento di riflessione. La Lega vincitrice alle Europee 2019, il centrosinistra trionfatore alle ultime amministrative: in entrambi i casi i rivali hanno indicato nella ridotta partecipazione un fattore dimidiante del voto.
Per i referendum vale la stessa cosa: il referendum sul taglio dei parlamentari nel 2020 non richiedeva il raggiungimento di un quorum per avere efficacia ma lo avrebbe superato solo di un’incollatura (51% dei votanti), mentre quello sulla Giustizia manca di un fattore mobilitante tale da sostenere una campagna politica che, oggigiorno, avrebbe inoltre avuto l’effetto di spaccare una maggioranza già litigiosa.
Ed è questo il vulnus principale della democrazia italiana: l’essersi trasformata in una guerra di posizione in cui la mobilitazione è l’unico fattore decisivo. Non si vota per l’esercizio civico della democrazia e dei suoi valori ma, principalmente, per fermare derive ritenute dannose o per esercitare una protesta di qualche tipo. E se è vero che la democrazia è un referendum quotidiano, l’Italia rischia di vedere tale referendum perso per un’ignavia di sistema. Urge una profonda riflessione sul funzionamento degli strumenti decisionali nel nostro Paese. Referendum in testa.
True Data
True Data è il nuovo approfondimento settimanale di True News, in collaborazione con Termometro Politico, Osservatorio Globalizzazione e The Pitch. Ogni settimana partiremo da una tematica di attualità nel nostro paese. Lo approfondiremo a livello demoscopico – con un sondaggio realizzato ad hoc – e a livello internazionale – con i dossier dei nostri analisti.
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