La storia sarà nota ai più: Tesla ha fatto moltissimi soldi vendendo alla concorrenza i suoi “crediti verdi”, dei titoli negoziabili con cui le aziende possono compensare le emissioni inquinanti prodotte dai loro modelli a benzina e diesel. Siccome il marchio americano ha un’offerta tutta elettrica, ha anche a disposizione molti crediti, che fanno gola a gruppi meno green, che li comprano per evitare multe salatissime. È il meccanismo che nel 2019 ha spinto la FCA a scendere a patti con Tesla pagando 1,8 miliardi di euro per l’80% dei suoi crediti (che diventeranno il 15% nel 2021). Un affarone ai danni della concorrenza, insomma. Il problema è che la cuccagna sta per finire, e Tesla deve preparare un piano B. Come ha detto un investitore dell’azienda alla CNN: “Questi stanno perdendo soldi vendendo auto. E stanno facendo soldi vendendo crediti. E i crediti stanno per finire.”
Una tendenza poco piacevole che rischia di togliere parte delle entrate all’azienda di Elon Musk, ora che la concorrenza si è attrezzata ampliando l’offerta di veicoli elettrici e ibridi. Un problema? Forse: l’azienda è una creatura strana il cui futuro corre sul filo dell’incertezza da praticamente sempre, tra alti e bassi. Basti pensare che, dopo anni di crisi e perdite, nel 2020 il titolo è cresciuto del 743%, pur avendo venduto solo mezzo milione di macchine nel corso dell’anno (su una stima totale di 70 milioni di auto vendute). È una questione di tendenze e previsioni, insomma: se, come dice qualcuno, entro cinque anni Tesla dovesse arrivare a vendere 3 o 4 milioni di auto all’anno, allora sarà in grado di reggersi in piedi anche senza i crediti verdi. Altrimenti sarà più dura. Una sola cosa è certa: la storia dei crediti verdi era troppo bella per Tesla perché potesse continuare.
(Foto: Tesla)