“Ogni attacco deve terminare con una difesa”. C’è il sospetto che Urbano Cairo tragga ispirazione da queste parole di Carl von Clausewitz, generale e scrittore, vissuto a cavallo tra 1700 e 1800.
C’è il sospetto che l’editore del Corriere della Sera e de La7 applichi alla lettera i precetti del teorico militare prussiano. Sospetto che trae forza da come i media di sua proprietà stanno trattando il conflitto Russia-Ucraina.
Cairo con il Corriere toglie, con La7 dà
Il Corriere della Sera guida l’attacco ai presunti filo-putiniani che imperversano su giornali e tv, pubblicando le foto di ciascuno di loro. Nell’insieme fa molto “Most wanted fugitives” del sito dell’Fbi.
Gli inviati sul campo del quotidiano di via Solferino nelle loro corrispondenze dall’Ucraina hanno in più di una occasione esaltato il coraggio dei militari del battaglione Azov. Scomodando in una occasione perfino Kant. Come se la brigata fosse sempre stata un simposio di fini intellettuali, abituati a discernere di questioni filosofiche.
Ma se il Corriere guida l’attacco, a chi toccherà la difesa?
Lo si è visto domenica sera con la (a dir poco) catastrofica trasferta a Mosca di Massimo Giletti con il suo Non è l’Arena. Il programma si è rivelato più un circo, a dirla tutta. Con uno spettacolo al quale un indignato e incazzatissimo Alessandro Sallusti, direttore di Libero, ha preferito non partecipare, abbandonando il collegamento.
E se quello di Cairo fosse cerchiobottismo?
Giletti è andato a Mosca dando spazio per un’ora a Maria Zakhaarova, portavoce del ministro degli Esteri russo Lavrov, in collegamento via Skype con il conduttore che era davanti al palazzo del Cremlino, di cui magnificava l’architettura, e avendo accanto a sé il giornalista russo Vladimir Soloviev (proprietario di tre ville sul lago di Como “congelate” nell’ambito delle sanzioni anti-Russia), amico personale di Putin e conduttore di punta della tv di Stato russa.
Nella black list pubblicata dal Corriere della Sera, attribuita da Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini alla ricognizione sulla presenza filo Putin nei media italiani che il Copasir starebbe compiendo (smentita direttamente dal presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Adolfo Urso) c’era anche l’ormai arcinoto professor Alessandro Orsini, docente di Sociologia del terrorismo alla Luiss.
Ma non è lo stesso Orsini che è spesso ospite su La7 in programmi come Piazza Pulita e Non è l’Arena?, si è chiesto qualcuno. Idem per l’economista e pubblicista Alberto Fazolo, che racconta il suo passato di combattente nel Donbass. Se non avessimo visto il suo volto sulla tv di proprietà di Cairo e ascoltato le sue parole (spesso deliranti) probabilmente non sapremmo neppure della sua esistenza.
Cairo, dottor Jekyll e Mister Hyde dei media
Orsini e Fazolo per le loro ospitate vengono pagati dallo stesso editore che retribuisce i loro più accaniti critici (primo tra tutti, Massimo Gramellini guida la nutrita pattuglia nella sua rubrica quotidiana in prima pagina sul Corriere della Sera.
Urbano Cairo, rispetto alla guerra in Ucraina, ha scelto di essere dottor Jekyll sulla carta stampata e Mister Hyde in televisione. O, forse, ha ragione Paolo Desogus, ricercatore associato per l’Équipe littérature et culture italiennes dell’Université Paris-Sorbonne, quando scrive “Egemone non è chi toglie la parola al proprio oppositore, ma chi gliela dà e controlla i canali che la veicolano”.