“Una tappa importante verso l’Europa sociale“. Così il commissario al Lavoro, Nicolas Schmit, ha commentato il raggiungimento dell’accordo sulla direttiva dell’Unione europea sul salario minimo. Dichiarazione che ha trovato un immediato eco nel ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Peccato che a Bruxelles si sia trovata la quadra per un traguardo che non avrà dirette ripercussioni sull’Italia. Anche per le divergenze tra i partiti, che sul tema fanno tanto rumore per nulla.
Un dibattito polarizzato
Nel nostro paese vige il sistema della contrattazione per oltre l’80% dei contratti. Per modificare il regime che la fa da padrone dal 1948, servirebbe la compattezza del fronte politico. Scenario impensabile: le posizioni dei partiti in materia di salario minimo sono polarizzate. A rendere il quadro ancora più contorto, si aggiungono le visioni dei sindacati e di Confindustria.
Bruxelles fa ripiombare il salario minimo sul dibattito politico italiano, già surriscaldato dalle sempre maggiori divergenze all’interno dei partiti della maggioranza. Se crisi economica e campagna elettorale rendono inevitabile il tema dei salari, sulle ricette d’intervento le posizioni si fanno divergenti.
Una bandiera per il Movimento
Da tempo in pressing perché il reddito minimo si faccia subito è il Movimento 5 Stelle. “C’è poco da discutere: il salario minimo o si introduce o no”, spiega il leader Giuseppe Conte. L’ex premier rivendica il disegno di legge firmato dalla pentastellata Nunzia Catalfo, che fissa la retribuzione ad almeno 9 euro all’ora ma che giace in Senato dal 2018.
“La cosa bella – aggiunge ironico Conte – è che in Italia, quando si tratta di misure di austerità, andiamo tutti dietro all’Europa. Vediamo se si farà lo stesso adesso sul salario minimo”. Ad aumentare il forcing su una misura bandiera per il Movimento è il ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli: “Va approvato in questa legislatura”. Di fronte a “una battaglia storica del Movimento”, ricorda che “le altre forze politiche si sono svegliate solo ora”.
Il Pd alla ricerca di un accordo
A sinistra si cerca un difficile equilibrio per tutelare i diritti dei lavoratori. “Il salario minimo è un passo decisivo per la costruzione dell’Europa sociale. E la Repubblica fondata sul lavoro non può rimanere indietro” ha twittato il vicesegretario del Partito democratico, Peppe Provenzano.
All’interno però il partito è diviso tra una normativa che tuteli i salari più bassi e la difesa della contrattazione collettiva, che in Italia copre l’80% dei lavoratori. “Un accordo si può trovare“. Commenta il ministro del Lavoro Andrea Orlando, che fissa il timer per l’approvazione a dopo le elezioni del prossimo anno.
L’opposizione del centrodestra
Di tutt’altro avviso è invece il centrodestra. “I requisiti europei sono di fatto già rispettati. L’Italia non ha bisogno di recepire la direttiva” fanno notare gli europarlamentari di Lega e Forza Italia. La ricetta più indicata è quella della riduzione del cuneo fiscale – le tasse sui salari – per difendere i redditi. “Con il salario imposto dallo stato, rischiamo di abbassare gli stipendi, anziché alzarli”, avverte Tajani di Forza Italia.
Gli fa eco Matteo Salvini: “La Lega è per abbassare le tasse a chi crea lavoro, per poter aumentare gli stipendi ai lavoratori”. Il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, sembra però aprire un varco all’interno del Carroccio: “In alcuni settori probabilmente serve, in tanti altri credo che la contrattazione garantisca stipendi superiori al salario minimo”.
“Io penso che da noi sia un dibattito falsato. L’Europa fa una direttiva guardando ai paesi dell’Est e dice che il modello è l’Italia quindi figuriamoci quanto sia falsato il dibattuto”. Giorgia Meloni sembra chiudere le porte al salario minimo, per aprire di nuovo al tema del taglio del cuneo fiscale.
Le parti sociali
Il salario minimo va ben oltre il dibattito parlamentare, per coinvolgere anche le parti sociali. I sindacati, pur salutando con favore la direttiva europea, chiedono di rispettare la specificità di ogni paese. “La paga oraria minima è utile – dicono all’unisono Cgil, Cisl e Uil – ma deve tenere conto di tutte le voci presenti nei nostri contratti nazionali“.
Anche Confindustria si mostra cauta rispetto alla direttiva di Bruxelles. Intervistato dal Corriere della Sera, il presidente Carlo Bonomi fa una piccola apertura: “Una misura che va bene per i lavoratori più fragili. In Italia ci sono oltre 4 milioni e mezzo di persone sotto la soglia”. Salvo poi prontamente chiudere: “Il salario minimo non è un tema di Confindustria. I nostri contratti sono superiori ai 9 euro all’ora”.
Tanto rumore per nulla
La direttiva non è vincolante, per via delle specificità del mondo del lavoro in Italia, che conosce criticità importanti come precarietà e sfruttamento. Se, come ha commentato il commissario europeo Schmit, “nessuno dovrebbe trovarsi in povertà mentre lavora”, la responsabilità per un buon accordo sul salario minimo spetta ai partiti. Lo scenario al momento lascia presagire che non verrà fatto nulla, se non il solito rumore di fondo.