Quello della “città dei 15 minuti” è un vecchio pallino di Beppe Sala, un’idea mutuata da quella della sindaca parigina Anne Hidalgo, con cui quest’ultima vuole trasformare la metropoli in una serie di piccole comunità in cui tutto sia a portata di mano, o di quarto d’ora. A Milano, in tempi di Covid e svuotamento urbano, “La Ville du quart d’heure” è diventata un’opzione irresistibile, specie per venire incontro ai lavoratori in smart working. Palazzo Marino ha quindi deciso di sperimentarla partendo proprio con i suoi dipendenti.
Si chiama “nearworking” e prevede la distribuzione degli uffici in vari punti della città, in modo da avvicinare il lavoro al lavoratore, e non viceversa. “Questo provvedimento – ha detto l’assessore alle Politiche del Lavoro, Attività Produttive e Risorse Umane del Comune di Milano, Cristina Tajani – ci consente di sperimentare nuove modalità lavorative all’interno della Pubblica Amministrazione”. Oltre a valutare la disponibilità dei coworking esistenti, il Comune si impegna a individuare spazi di proprietà comunale per utilizzarli come sedi distaccate e diffuse.
Una proposta che segue il solco profondo della decentralizzazione del lavoro di questo periodo, incrociando nella sua strada un’altra tendenza, urbanistica e d’impronta parigina. Che la strada per la smart city passi anche per una ridistribuzione dei luoghi di lavoro? Pare di sì. E chi continuerà ad andare in ufficio, comunque, lo farà a orari scaglionati in modo da intasare i mezzi (e le strade).