Avversarie in campo nel derby che può decidere la corsa scudetto, alleate fuori nel progetto nuovo San Siro. Sempre che Inter e Milan abbiano ancora una partita da giocare insieme nella vicenda del nuovo stadio, l’opera da 1,2 miliardi di euro il cui iter progettuale e burocratico è cominciato ormai oltre un anno e mezzo fa con la presentazione della proposta di fattibilità al Comune di Milano, salvo poi infilarsi in un tunnel di discussioni e rinvii fino all’attuale congelamento. A pesare oggi sono le difficoltà che spingono Suning e la famiglia Zhang lontane dall’Inter e dall’Italia; il club nerazzurro potrebbe a breve cambiare azionista di maggioranza con l’ingresso di BcPartners o di un altro fondo e il dossier rischia di dover ripartire da zero. Circostanza che non piace a Paul Singer, che punta sul nuovo stadio per dare concretezza agli investimenti fatti dal 2018 sul Milan e che del nascente San Siro sport district doveva essere proprietario al 50% insieme alla controparte cinese.
Tutto fermo, aspettando Nanchino. Il paradosso è che nei mesi scorsi per rallentare l’iter, giunto al passaggio fondamentale della dichiarazione di pubblica utilità, erano state utilizzate argomentazioni relative proprio alla reale identità dei proprietari del Milan, mentre su sponda nerazzurra tutto sembrava chiaro e granitico. Erano le settimane delle inchieste giornalistiche finite, poi, in nulla nel senso che Elliott è alla guida del club rossonero per il quale ha versato oltre 600 milioni di euro e continuerà a coprire le prevedibili perdite con buona pace degli scettici.
I quali, però, hanno raccolto il formidabile assist fornito dalla crisi di Suning e dal divieto del governo cinese di esportare capitali legati a imprese calcistiche. Non che a Palazzo Marino e dintorni dispiaccia. L’opposizione al progetto è viva e vegeta, si raccoglie intorno ai Verdi che saranno alleati del sindaco Sala nella corsa alla riconferma. Quando si vota? Tarda primavera, Covid permettendo. E allora, un po’ per opportunità (bisogna aspettare il prossimo consiglio comunale) e molto per convenienza politica, ecco che il dossier stadio è uscito dall’agenda milanese. Non più tardi di qualche mese fa il presidente del Milan, Paolo Scaroni, infaticabile nel suo lavoro di lobbying a favore del progetto, ancora sosteneva l’apertura dei cantieri per la metà del 2021 superati gli ultimi intralci burocratici. Era il 23 novembre scorso e sembra passata un’era geologica. Anzi una glaciazione che rischia di far estinguere tutti i piani come fossero dinosauri. Non è un caso che si è fermato anche l’iter di scelta tra i due progetti finalisti (Populous e Sportium) più volte annunciata e mai concretizzata.
Il problema è che tra crisi Suning, opposizione politica, tempistiche elettorali e passaggi burocratici i mesi sono destinati a passare, avvicinandosi pericolosamente alla deadline di fine 2025 quando l’area dovrà essere pronta per prepararsi alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina che, da dossier Coni, è ad oggi prevista nell’attuale San Siro venerdì 6 febbraio 2026. Sembra lontanissimo ma non lo è. Calendario alla mano, o il cantiere apre entro metà 2022 oppure si rischia di arrivare lunghi e Milano non può permetterselo. Ecco perché Elliott al momento rimane alla finestra. Di abbandonare l’idea non se ne parla, ma se la soluzione dell’impasse in casa Inter dovesse essere non definitiva ma un ponte per prendere tempo, ecco che non sarebbe da escludere qualche scenario alternativo.