La conferma se i Cinque Stelle passeranno dalle parole ai fatti si avrà intorno all’ora di pranzo. Dopo la discussione sul dl Aiuti, cominciata alle 9,30 al Senato, i senatori pentastellati dovrebbero uscire dall’aula di Palazzo Madama per non votare il provvedimento, come annunciato dal loro presidente Giuseppe Conte.
La mossa, che ricalcherebbe quella già vista alla Camera, oggi avrebbe un peso diverso, perché vorrebbe dire che la maggioranza a sostegno del governo Draghi non esiste più e si aprirebbe una crisi di governo, tra l’altro già annunciata a suo modo dal premier quando alla domanda di un cronista che chiedeva quali scenari futuri si sarebbero prospettati, ha risposto di “chiedere a Mattarella”.
La mossa di Conte dettata da Casalino e Travaglio
Sono in molti a non comprendere la mossa, da tanti ritenuta suicida, di Giuseppe Conte di ritirare la truppa dei suoi senatori. Dopo tanto tergiversare e tanti “penultimatum”, l’ex avvocato del popolo ha ceduto ai consigli dei suoi due più importanti spin doctor, quello ufficiale, Rocco Casalino, e quello non ufficiale, ma di certo non meno influente, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, da sempre contrario alla presenza del M5S nell’esecutivo Draghi.
Dopo i risultati deludenti ottenuti alle ultime amministrative e le scissioni, Conte prova a recuperare terreno sul versante di coloro che sono rimasti legati al Movimento Cinque Stelle delle origini, quello del “vaffa” per intenderci” e che ha visto il suo esponente più noto, Alessandro Di Battista, parlare di un suo ritorno all’impegno politico con la sua vecchia formazione a condizione che i Cinque Stelle non facessero più parte del governo Draghi.
Le ragioni contrarie di Conte al dl Aiuti
Per giustificare l’astensione dal voto sul dl Aiuti, ovviamente serviva una motivazione più “nobile”, per questo ieri Conte ha detto che “Fin da quando il provvedimento è stato presentato con la massima lealtà noi abbiamo spiegato le nostre ragioni contrarie”.
Tra queste ragioni il leader M5s ha citato il termovalorizzatore di Roma, secondo il governo indispensabile per fronteggiare l’emergenza rifiuti nella Capitale, e soprattutto alcuni paletti inseriti nel provvedimento al Superbonus e al reddito di cittadinanza: nel dl Aiuti entra infatti la norma che le offerte congrue d’ora in poi possano essere proposte direttamente dai datori di lavoro privati.
Rosato (Italia Viva): “La scelta di Conte una vergogna”
Dopo lo strappo annunciato da Conte, c’è chi, come Ettore Rosato, di Italia Viva, fa notare all’ex premier, che dopo essere stato “Presidente del Consiglio per oltre due anni presentandosi come uno responsabile, adesso fa cadere il governo su un decreto che distribuisce 20 mld di euro a chi ne ha bisogno in una situazione di emergenza. Una vergogna, e non scrivetemi che ce l’ho sempre con Conte”.
Il coordinatore nazionale di Italia Viva evoca un “Papeete bis”, paragonando l’operato di Conte con quanto fece Salvini per far cadere il governo nell’agosto del 2019. Ma, aggiunge, almeno quell’anno “non avevamo Covid, guerra in Ucraina e inflazione all’8%”.
Per Letta e Di Maio serve una verifica di maggioranza
Luigi Di Maio di Insieme per il Futuro ed Enrico Letta del Pd, dopo che la stessa richiesta era già stava avanzata da Berlusconi, chiedono una verifica di maggioranza. Spingono sull’acceleratore invece Matteo Salvini (“Il governo Draghi non esiste più”, dice il leader della Lega, che intendeva far saltare il tavolo a settembre ) e Giorgia Meloni, forte dei sondaggi che danno Fratelli d’Italia ancora in crescita: la richiesta è quella di andare ad elezioni anticipate.
Quello di un ritorno alle urne prima della scadenza naturale della legislatura è una delle opzioni possibili, ma è molto probabile che dopo che Mario Draghi salirà al Quirinale per riferire dell’esito del voto in Senato, il presidente della Repubblica conferisca all’ex banchiere centrale un mandato esplorativo per un Draghi bis, anche se è stato lo stesso ex presidente della Bce ad escludere un governo a sua guida non appoggiato dai Cinque Stelle.
Gli scenari possibili
Il rifiuto di Draghi porterebbe il Capo dello Stato a indire un giro di consultazioni per verificare la possibilità di una nuova maggioranza e, in caso negativo, l’unica via percorribile sarebbe lo scioglimento anticipato delle Camere con la conseguente indizione delle elezioni anticipate. Con un governo, non guidato da Draghi, ma a un’altra personalità che accetterebbe l’incarico conscio di essere chiamato a guidare un cosiddetto esecutivo di transizione (nell’accezione elegante) o un governo “balneare”, come già accaduto diverse volte in passato.
I più delusi dall’atteggiamento di Conte e dei Cinque Stelle rimangono comunque i dem, che contavano su un’alleanza organica col Movimento per proseguire l’esperienza del cosiddetto “campo largo”.
Marcucci (Pd): Conte insegue un interesse di bottega
In una intervista al quotidiano L’identità, il senatore Andrea Marcucci non ha usato giri di parole: “Non ho mai capito il M5S, è un mio limite dall’inizio della loro avventura. E conseguentemente non capisco Conte. Mettere in discussione il governo mentre si approva un decreto importante che si chiama per l’appunto Aiuti, alla vigilia di un provvedimento atteso come il salario minimo e l’apertura di un tavolo sociale, va oltre la mia capacità di comprensione. Mi sembra che Conte insegua un discutibilissimo interesse di bottega, con un comportamento non proprio all’altezza di un ex presidente del Consiglio”.