Nelle ore sportivamente drammatiche che hanno preceduto la figuraccia della Serie A, con la Lazio in campo ad aspettare il Torino che era a… Torino (causa Covid) e la Lega incapace di evitare il cortocircuito rinviando una partita che non si poteva giocare, è emersa con tutta l’evidenza possibile la scarsa considerazione di cui gode tra i colleghi pallonari Urbano Cairo, presidente del Torino ed editore di Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera. Non che fosse una novità, per chi ha seguito le vicende del palazzo di via Rosellini a Milano negli ultimi mesi. Ma nemmeno l’evidenza dei fatti ha suggerito agli altri padroni del pallone e manager di dare sponda al buon Urbano che chiedeva un atto formale per evitarsi un eventuale passaggio di giustizia sportiva prima di arrivare alla scontata ripetizione della gara.
I precedenti
Zero di zero. Anzi. Meno di zero perché anche il presidente della Lega, Paolo Dal Pino era dell’idea di fare il passo e ufficializzare il rinvio di Lazio-Torino ma quando ha convocato il Consiglio ristretto e chiamato tutti gli altri club si è visto progressivamente chiudere le porte in faccia da tutti. Cairo non ha trovato alleati e nemmeno sponde. Riscuote scarsissime simpatie e ancor meno appoggi nelle sue battaglie che da qualche tempo lo vedono costantemente finire in minoranza. Fu così quando cercò di portare dalla Liga spagnola Javier Tebas per dargli in mano il rilancio della Serie A (progetto bocciato) ed è stato così in primavera quando – con pochi altri – ha fatto di tutto perché il campionato non ripartisse dopo il lockdown.
Forse sognando il blocco delle retrocessioni, con il Toro che rischiava grosso. Anche sull’operazione fondi, dopo essersi speso anche a livello mediatico, ha subito la controffensiva del fronte contrario trascinato da Juventus e Inter con la sponda dei soliti Lotito e De Laurentiis. Isolato è oggi l’aggettivo che fotografa la sua posizione nel palazzo che comanda il calcio italiano.