Bisognerebbe prendere nota, nei programmi elettorali di partiti e coalizioni, dello spazio dedicato alla digitalizzazione. Bisognerebbe appuntarsi ogni singolo termine a futura memoria. Perché l’innovazione tecnologica (esiste anche un ministero, guidato da Vittorio Colao) trova spazio nelle promesse elettorali; ma sarà sicuramente interessante andare a rileggere quelle parole tra qualche tempo.
Perché in Italia, è da almeno dal 2010 che si parla di innovare i processi della pubblica amministrazione. Ma alcuni organi dello Stato sono restii ad accettarla. Lo dimostra il recente caso della mancata ammissione della lista per le prossime elezioni promossa da Marco Cappato. Non ammessa perché le firme non sono state raccolte ai banchetti per strada, ma digitalmente.
Digitalizzazione, la strada è impervia
E lo Stato ha smentito se stesso, visto che per la proposte refendaria di liberalizzare la cannabis, il quesito era passato al vaglio della Corte costituzionale, che poi non lo ha ritenuto ammissibile, grazie alla raccolta di firme digitali.
Qualcuno ha ironizzato quando Silvio Berlusconi, in una “pillola” del programma di Forza Italia dispensata via social, ha detto che con il centrodestra sarà più semplice fare impresa, perché tutti gli adempimenti per avviare un’attività saranno possibili solo grazie a una raccomandata e basterà una settimana. Commento: lo hanno fatto sbarcare su TikTok ma nessuno si è ricordato di spiegargli che esiste la Pec?
La verità, difficile da ammettere, è che probabilmente in un ufficio pubblico si attivi più rapidamente una pratica grazie alla vecchia cara raccomandata A/R e non con una missiva di posta elettronica certificata. In primo luogo perché non tutti gli italiani hanno una casella di Pec, ma anche perché molti fino ad adesso si sono riempiti la bocca con termini quali digitalizzazione, banda larga, innovazione tecnologica, ma l’amara realtà è che le infrastrutture tecnologiche non sono pronte a sostenerne il peso.
Sistema in crash, salta la visita medica
Un signore di Milano si è sottoposto a un esame diagnostico presso un centro medico privato convenzionato. All’accettazione gli hanno detto che il referto sarebbe stato disponibile online dopo qualche giorno e gli hanno fornito un foglio con le chiavi di accesso.
Il referto avrebbe poi dovuto essere scaricato o inoltrato allo specialista con il quale il nostro aveva fissato un appuntamento, ma, il giorno della visita, il sistema informatico del centro medico è andato in crash e le immagini erano impossibili da visualizzare o scaricare.
Il problema si è protratto per l’intera giornata perché è successo di sabato e il servizio di assistenza tecnica del centro medico è attivo dal lunedì al venerdì. Risultato: visita specialistica posticipata e richiesta del referto su supporto fisico, perché, ha confidato a True News, il protagonista della storia, “e chi si fida più?”. E il signore in questione non è tecnologicamente uno sprovveduto: da insegnante ha fatto lezioni in Dad, usa lo Spid e l’home banking ed è solito fare acquisti online.
Nel caso specifico si è trattato di un ente privato, ma quante volte abbiamo assistito ai tilt dei sistemi della pubblica amministrazione o a clamorosi flop di applicazioni presentate come fantastici rimedi e rivelatesi completamente inutili (il nome “Immuni” vi ricorda qualcosa?).
Nell’aprile del 2020 il crash del sistema informatico dell’Inps fu uno sgradito pesce d’aprile per quanti si erano precipitati sul sito dell’istituto di previdenza per fare richiesta del bonus di 600 euro.
La digitalizzazione e il tracollo dell’Inps
Nel caso dell’Inps in un primo momento si era adombrato un attacco di pirati informatici, in realtà il problema era nella struttura che reggeva il sito dell’istituto, che non era stata predisposta per far fronte al picco di domande, un evento eccezionale ma ampiamente prevedibile. Soprattutto dopo l’errore strategico dell’annuncio dell’ente, poi cancellato, di un click day con accettazione delle domande in ordine cronologico fino a esaurimento scorte. Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico aveva parlato di 100 domande al secondo: decine di migliaia di accessi contemporanei, tra richieste di indennità, cassa integrazione e bonus baby sitter. Con conseguente collasso del sistema.
Anche se fisicamente centinaia di migliaia di persone si fossero presentate contemporaneamente agli sportelli dell’Inps, gli uffici sarebbero andati in tilt. Ma nel mondo informatico esistono modelli organizzativi per evitare il caos del mondo offline.
Su Linkiesta, Lidia Baratta scriveva: «L’Inps, tra le più grandi centrali d’acquisto tecnologiche d’Europa, per il 2020 ha in bilancio una previsione di spesa di 366,4 milioni di euro destinati alla fornitura di servizi di elaborazione automatica dei dati. Ma la riorganizzazione dei vertici dei dipartimenti fatta a dicembre da Tridico in nome dello spoils system non è stata certo dettata dall’efficienza. A capo della “Direzione centrale tecnologia, informatica e innovazione” Tridico ha nominato Vincenzo Caridi, un dirigente interno senza alcuna esperienza pregressa nel settore informatico dell’ente».
Indice di digitalizzazione, Italia al 24esimo posto nella Ue
Non c’è da meravigliarsi, quindi, se scorrendo i dati dell’ultimo DESI (2021), l’annuale Indice di digitalizzazione dell’economia e della società realizzato dalla Commissione europea per monitorare la diffusione del digitale dei 28 Paesi dell’Unione, l’Italia occupa il 24° posto. secondo il report, solo il 44% degli italiani tra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali di base (57% media Ue), il 19% di chi risiede in Italia non ha mai usato internet (nella Ue la percentuale è dell’11%), meno della metà (46%) degli italiani ha usato servizi di web banking o ha fatto shopping online (47%).
Meno di un terzo degli italiani (24%) utilizza una connessione internet con banda larga ultraveloce (da 100Mbps), rispetto al 60% della media europea. Ciò ci spinge alla 27ª posizione (penultima). La banda larga veloce cresce, ma non abbastanza per spostarci dal 23° posto. La percentuale di connazionali in possesso di una laurea in ICT si ferma allo 0,9%; la percentuale di insegnanti che ha svolto corsi formativi di alfabetizzazione digitale non supera il 20% e nel 24% delle scuole mancano corsi di informatica.
Nel Pnrr fondi per a digitalizzazione
Una situazione alla quale, almeno nelle intenzioni, ci cercherà di far fronte con i fondi del Pnrr appositamente destinati: il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina il 27% delle risorse alla transizione digitale, di cui 6,7 miliardi di euro per i progetti che costituiscono la Strategia per la Banda Ultra Larga, la disponibilità di connessione ultraveloce per cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
La prima gara della “Strategia per la Banda Ultralarga” riguardante il collegamento delle isole minori, però, non è andata a buon fine.
Il Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale (MITD) ha recentemente pubblicato i dati relativi all’uso dei servizi digitali che permettono ai cittadini di interagire con la Pubblica Amministrazione e i privati.
SPID, CIE, IO e pagoPA: i numeri del Ministero
Nel 2021 sono state attivate quasi 12 milioni di SPID, portando il totale a 27,4 milioni. L’identità digitale è stata utilizzata per effettuare oltre 570 milioni di accessi. Oltre 4.500 enti pubblici hanno attivato l’autenticazione tramite SPID nel 2021 (+223% rispetto al 2020).
L’accesso ai servizi online è possibile anche con la Carta d’Identità Elettronica (CIE). Nel 2021 sono state rilasciate circa 7,5 milioni di CIE (+55% rispetto al 2020), quindi il totale è 25,9 milioni. Il numero di autenticazione con la CIE ha raggiunto quota 22 milioni con un incremento di oltre 10 volte rispetto al 2020. Gli enti che accettano l’autenticazione tramite CIE sono 2.530, ovvero il 98% di tutti quelli che hanno attivato l’identità digitale.
L’app IO, che consente l’accesso a circa 77.000 servizi, il 98% dei quali forniti dai comuni, ha avuto 15,3 milioni di download nel 2021 (+67% rispetto al 2020) e download totali pari a 24,5 milioni. Il numero medio di utenti mensili attivi è di 6 milioni.
Notevole incremento anche per la piattaforma pagoPA. 182 milioni di transazioni (+80% rispetto al 2020); adesione di 7.860 comuni (99,4% di quelli attualmente attivi); e 41 milioni di utenti che hanno usufruito della piattaforma almeno una volta. Dal 15 novembre 2021, infine, esiste la possibilità di ottenere gratuitamente i certificati sulla piattaforma ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente).