Ricordate gli scandali della scorsa estate? Le inchieste, le perquisizioni continue, gli avvisi di garanzia, il solito profluvio di carte, anticipazioni, le puntate televisive montate in fretta e furia. Sono passati mesi. Lunghi, lunghissimi mesi. Il governo degli onesti non c’è più, la povertà non solo non è stata abolita, ma rischia di essere assai incrementata. Quelli che un tempo erano i nemici da abbattere oggi sono colleghi di governo. Francamente io mi chiedo come si possa digerire tutto, come la politica abbia potuto digerire tutto. Ho perso amicizie, perché dicevo che in un momento di crisi – nella scorsa primavera – non ci doveva essere guerra tra i livelli governativi, Comune Regione e Stato, ma accordo più che bipartisan.
Che cosa è rimasto di quella stagione di guerra a tutti i livelli? I problemi, sono rimasti. Quelli organizzativi. È rimasto lo scoramento dei cittadini, che non incanalano la rabbia contro questo e contro quello. Ognuno si arrabbia con qualcuno. E poi sono rimaste le inchieste. Anche qui, vizio tutto italiano, alle ipotesi dell’accusa per adesso sono seguite… le ipotesi dell’accusa. Ovvero non c’è stato ancora niente. Si continua ad indagare. Intanto nella mente delle persone si è sedimentato il fatto che l’accusato è colpevole. Nessuno sa più come sono finite quelle storie. Ehi, vi ricordate dell’inchiesta Mensa dei Poveri? Ma sì, dai, quello scandalo in Lombardia prima della pandemia. Beh, li avranno condannati no, quegli sporcaccioni. Eh, peccato che no. Il processo sta giusto iniziando adesso. Adesso, e sono passati due anni.
Faccio solo un esempio in un mare che potrebbe essere sterminato. Un mare nel quale molto spesso non sono i politici ad essere alla sbarra, ma la gente comune. Quella che urla contro il politico finché non incappa nella giustizia. E poi si rende conto che – colpevole o innocente – la lentezza del procedimento è una sentenza di per sé.