di Francesco Floris
Segnali, per ora. Crolla la domanda di test Covid e le aziende produttrici sono obbligate a rivedere al ribasso le loro stime per il 2021, dopo aver cavalcato l’anno della pandemia a ritmi serrati. Un altro modo di dirlo è che i mercati adesso credono nei vaccini. Un esempio? Il colosso americano Quidel, tra i produttori più importanti di dispositivi di diagnostica molecolare e test “point of care”, ha tagliato le proprie prospettive di fatturato nell’anno in corso. Da 2,9 miliardi di dollari a 2,5 miliardi, con un calo del 14 per cento e incorporando di fatto un calo della domanda dei test Covid-19 già nel primo trimestre 2021 rispetto all’ultimo del 2020. Il 10 marzo le azioni di Quidel Corporation sono precipitate di quasi il 17%.
È avvenuto a seguito delle dichiarazioni rese dal Ceo della società americana Doug Bryant alla “Barclays Global Healthcare Conference” nelle quali ha parlato di una domanda calata fra il 30-40%. Un dato che riflette una convinzione: non ci saranno ulteriori picchi di coronavirus in futuro, la domanda per i test Covid-19 è destinata in gran parte a riassorbirsi ma sopratutto che gli attuali vaccini rimarranno efficaci contro le varianti del virus.
Un’ottima “notizia” per l’umanità, meno per Quidel e i suoi azionisti. Che l’anno scorso avevano visto cavalcare l’onda della pandemia, con un fatturato passato dai 175 milioni di dollari nel primo trimestre 2020 a oltre 809 milioni di dollari nel quarto trimestre. Tuttavia, non tutti i mali (azionari) vengono per nuocere. La società ha annunciato a inizio di marzo un riposizionamento produttivo dopo aver ottenuto l’autorizzazione dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense, che consente di commercializzare il suo nuovo test chiamato “QuickVue At-Home COVID-19”. È un test per l’uso domiciliare che punta a soggetti di età pari o superiore a 14 anni con casi di sospetto Covid. Lo può prescrivere direttamente entro i primi sei giorni dall’inizio dei sintomi.
Le conseguenze? In Italia gli occhi sono tutti puntati su DiaSorin. Che potrebbe decidere di utilizzare i ricavi in crescita di quasi il 25 per cento nell’anno pandemico – 881,3 milioni di euro –, la positiva posizione finanziaria netta per 305 milioni e un flusso di cassa libera di 232 milioni non solo per distribuire dividendi agli azionisti e buyback ma anche per rafforzarsi su nuovi mercati con investimenti e operazioni di fusione e acquisizione. Non a caso due settimane fa Bloomberg ha fatto circolare un rumors finanziario che darebbe il gruppo piemontese interessato alla biotech texana Luminex con l’ambizione di rafforzarsi nel mercato nordamericano o dotarsi di nuove tecnologie e prodotti integrando il proprio business diagnostico anche per fare fronte alla riduzione del “peso specifico” dei test Covid-19 nel conto economico.