Prosegue la saga legale dei marchi dei delivery di cibo in Italia. Dopo la questione Uber Eats, di cui abbiamo parlato recentemente, Glovo ha presentato ricorso all’Ispettorato Territoriale del Lavoro Milano-Lodi in merito ai verbali consegnati lo scorso 23 febbraio 2021. L’indagine a cui si fa riferimento riguarda le prestazioni dei rider svolte nel periodo tra il marzo 2016 e l’ottobre 2020, e più precisamente la loro “definizione”.
Quello della gig economy è ancora un settore in evoluzione che si è sviluppato sfruttando alcune zone grigie del diritto, su cui la legge italiana e le aziende del settore si scontrano ormai da anni.
Il ricorso dell’azienda prende di mira la riqualificazione dei rider come “lavoratori c.d. etero-organizzati”. Il motivo? I corrieri di Glovo hanno infatti la libertà di accettare o meno una proposta di consegna, e sono anche liberi di scegliere gli orari di collaborazione come preferiscono. Ergo, “le loro prestazioni non presentano elementi di continuità, esclusività e regolarità”.
Glovo, azienda spagnola che in Italia conta 120 dipendenti, 10mila rider attivi e oltre 15mila esercizi commerciali, ha ricordato di aver sempre collaborato con le indagini. Insomma, la battaglia per i diritti dei rider è ancora aperta.