Perchè questo articolo potrebbe interessarti? Lo scorso weekend è scattato il silenzio elettorale con la par condicio. Ma i partiti continuano a commissionare sondaggi, che a ridosso del voto generano speranze e dolori. Un minimo scostamento di percentuali può causare aumenti o perdite di nomi nella lista di chi otterrà un seggio nel prossimo parlamento ridotto.
Addio sondaggi, ma solo per noi comuni mortali. Il silenzio elettorale per la legge sulla par condicio a 15 giorni dal voto vale solo per la stampa, che non può divulgare i contenuti dei sondaggi. Ma i sondaggisti continuano a fare il loro lavoro, con report commissionati da aziende, investitori e, soprattutto, partiti. Il borsino elettorale settimanale rimane segreto al grande pubblico. Ma è causa di gioie o dolori per i segretari di partito. Un punto percentuale in più o in meno può sconvolgere gli equilibri – già fragili – dei partiti. Le liste elettorali sono di pubblico dominio, ma in segreto Letta, Salvini, Calenda e Conte fanno i conti. A ogni nuova rilevazione, da una parte dei nomi entrano, di conseguenza, dall’altra escono dal parlamento.
Gioie solo per Meloni, dolori per tutti
L’unico partito che sembra dormire sonni tranquilli è Fratelli d’Italia. Giorgia Meloni attende l’exploit dalle urne, grazie a cui vedrà moltiplicarsi la sua pattuglia rispetto di deputati al 2018. Fdi prevede di triplicare i 40 tra senatori e deputati. Al punto che Meloni si è concessa il lusso di candidare figure esterne al partito, come Tremonti, Nordio e Pera.
Per tutti gli altri invece sarà un bagno di sangue. Il meccanismo della tagliola – votato da tutti i partiti e confermato da un referendum popolare – scatterà nella nuova legislatura.
Conte dalla traversata nel deserto all’euforia
Peggio di tutti dovrebbe stare il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte. Dal 32% del 2018 rischia di crollare sotto al 15, con un salasso stimato intorno ai 150 deputati. Le Parlamentarie interne hanno approvato il “listino Conte”. Nella cerchia dei vicini al leader sono sicuri di un seggio Chiara Appendino e Federico Cafiero de Raho; oltre ai fedelissimi Patuanelli, Sergio Costa, Alessandra Todde.
Tolti i “magnifici 15”, sono tanti i nomi in bilico. Quasi certi dell’impossibilità della ricandidatura fino a poco fa, negli ultimi giorni hanno visto accendersi una speranza. Il possibile rialzo nei sondaggi del M5s ipotizzato in questi giorni tiene accese le speranze. Ma la fibrillazione rimane alta. Per la consigliera comunale a Milano Elena Sironi, all’ex magistrato Roberto Scarpinato. In cerca di riconferma, ora possibile, anche Enrico Cappelletti in Veneto; Luca Sut in Friuli-Venezia Giulia; l’ex sottosegretario ai Trasporti e alle Infrastrutture Roberto Traversi in Liguria; Giorgio Fede nelle Marche e il tesoriere Francesco Silvestri in Lazio.
Le tensioni dei comprimari
La ripresa pentastellata è una minaccia, soprattutto per i junior partner della coalizione che sembra destinata a vincere. Se Conte rende contendibili i collegi uninominali, per Salvini e Berlusconi è un bel problema. L’accordo tra alleati sui numeri è stato trovato a inizio agosto: 98 seggi a FdI, 70 alla Lega, 42 a FI, gli altri ai centristi. Rispetto al 2018, la Lega rischia di perdere una quarantina di deputati; Forza Italia oltre sessanta.
Al Nord, la Lega è preoccupata. Un sorpasso a destra nelle roccaforti storiche da parte dei meloniani sarebbe un boccone difficile da digerire. La perdita di alcuni seggi, per l’assist indiretto al centrosinistra del rialzo 5 stelle, sarebbe intollerabile. L’attacco alla base in Veneto da parte del Partito democratico – che a Vicenza candida proprio il segretario Letta – è lanciato e potrebbero essere dolori.
I dolori dei moderati
Tensioni anche in Forza Italia. Alla lista hanno lavorato Tajani, Ronzulli e Occhiuto, con il placito di Berlusconi. Dai 123 deputati della scorsa legislatura, FI rischia di scendere sotto i 70. Forza Italia è morsa da una tenaglia: Calenda da una parte; i Cinque stelle dall’altre. Persino il seggio della ex ministra Stefania Prestigiacomo è a rischio; quello di Vittorio Sgarbi a Bologna sembra già perso contro l’eterno democristiano Casini.
La lista dei segreti del Pd è opera del “selezionatore” Marco Meloni, fedelissimo di Enrico Letta. La temuta perdita di seggi dei seggi per i dem dovrebbe essere contenuta. Ma alle perdite contribuiscono i collegi garantiti agli alleati Fratoianni e Di Maio. Così Stefano Ceccanti ha dovuto cedere il collegio a Fratoianni; mentre la non candidatura di Giuditta Pini e la sfida impossibile di Monica Cirinnà sono ferite che sanguinano.
Il rebus Calenda per Letta
Dolore a cui si aggiunge il timore per i danni collaterali della rottura con Calenda. A parole, l’obiettivo di Azione-Italia Viva ha l’obiettivo di insidiare l’elettorato liberale a destra. Adesso che l’accordo con il Pd è rotto, però, Calenda rischia di fare concorrenza ai dem nei loro collegi sicuri. Su tutti il guanto di sfida che proprio il leader del Terzo Polo ha lanciato nel collegio di Roma a Nicola Zingaretti. Un danno maggiore potrebbe essere fatto in Toscana. Una delle poche regioni rosse rimaste sulla mappa elettorale potrebbe diventare contendibile, proprio per effetto della discesa in campo di Matteo Renzi.