Perché potrebbe interessarti? Per capire i nuovi trend globali del commercio in una fase in cui l’export determinerà la capacità dell’Italia di essere competitiva e l’importanza delle relazioni con l’economia più rampante su scala globale, il Vietnam.
Per la prima volta in più di trent’anni la Cina crescerà meno rispetto agli altri vicini emergenti asiatici. La Banca Mondiale ha abbassato le stime del Dragone al +2,8%, meno dell’8,1% del 2021 e del 5% stimato in aprile. Pesano lockdown, crisi immobiliare e disoccupazione giovanile. La vera tigre sarà il Vietnam, Paese arrembante e dinamico.
Vietnam, la nuova tigre asiatica
Nella relazione sui Paesi asiatici a Banca Mondiale ha rivisto la sua proiezione per la crescita economica del Vietnam dal 5,3% al 7,2%, la cifra più alta per qualsiasi nazione dell’Asia orientale e sud-orientale. Allo stesso modo, di recente, anche il Fondo monetario internazionale ha modificato le previsioni di crescita economica del Vietnam per il 2022, rivedendole al rialzo dal 6 al 7 per cento. Questa è stata l’unica significativa revisione al rialzo tra le economie asiatiche e superiore ad altre importanti economie regionali come India, Giappone e Cina, le cui proiezioni sono state tutte ridotte tra lo 0,7 e l’1,1%.
Il segreto del successo del Vietnam, Paese a regime socialista e aperto al mercato, ha un nome: industria. Hanoi è diventata la capitale della nuova frontiera produttiva delle catene mondiali del valore. In particolare, il Vietnam è l’ultima frontiera per il tessile, le calzature e la produzione elettronica: i tessili e le calzature hanno rappresentato il 18% delle sue esportazioni nel 2018, mentre l’elettronica e le apparecchiature elettriche hanno rappresentato il 40%. Un clima reattivo agli investimenti e un costo del lavoro più basso hanno attratto imprenditori e grandi aziende di tutto il mondo. Grandi aziende come Adidas, Nike e Samsung, tra molte altre, ora hanno una presenza produttiva lì. Non sorprende che gli investimenti diretti esteri (IDE) del Vietnam siano cresciuti di oltre 200 volte dal 1986, da 40 milioni a 15,8 miliardi di dollari. Nel frattempo, le sue esportazioni sono aumentate del 19% dal 2020 al 2021.
Le opportunità per le imprese italiane nel report Sace
L’Italia può e deve puntare a catturare parte di questa domanda dinamica sfruttando un asse col Vietnam che è rodato sul piano culturale, politico, commerciale. Lo confermano gli studi dell’Istituto per il Commercio Estero e il recente Rapporto Export di Sace, che sul Vietnam ha un focus importante. L’export italiano in Vietnam, riporta Sace, era a 1,34 miliardi di euro nel 2021 (+14,4% nei cinque anni precedenti) ed è dato in crescita: le dinamiche produttive del Vietnam, oltre a confermare il grado di resilienza del Paese, spingono le esportazioni italiane verso Hanoi, previste a +6,9% nel 2022 e +7,7% nel 2023.
Tra le voci che più traineranno il nostro export figurano i beni di consumo (+8,3% nel 2022, +7,8% nel 2023), pari a oltre il 35% del valore beni esportati, che risentono positivamente del peso rilevante dell’industria tessile e della lavorazione di cuoio e pelli nel Paese, e i beni di investimento (+3,4% nel 2022, +6.8% nel 2023), necessari allo sviluppo infrastrutturale e industriale di un’economia che, per quanto in profonda evoluzione, ha un’impronta decisamente trasformatrice.
L’incognita Cina
Per Sace in futuro sarà da osservafre da vicino il possibile spostamento di aziende e catene del valore in Vietnam dalla Cina, Paese in cui nel 2022, complice il fisiologico rimbalzo post-Covid, il commercio è in ripresa ma in cui, al contempo, permangono vari dubbi.
Innanzitutto la difficile decifrabilità del Dragone. “L’adozione della politica zero-Covid è tra le principali cause del rallentamento dell’attività economica cinese”, nota Sace in accordo con quanto sottolineato dalla Banca Mondiale. In quest’ottica, “dopo l’eccezionale performance dello scorso anno (+22,1%) la crescita dell’export italiano in Cina è prevista attestarsi a +7,1% nel 2022, con un rallentamento nel 2023 (+4,6%), nonostante il contributo significativo della componente dei prezzi”. L’andamento delle vendite italiane verso Pechino nel 2022 “sarà principalmente
guidato dalla ripresa dei beni intermedi e in particolare della chimica (+13,6%), chiamata al riscatto dopo la contrazione dello 0,9% dell’anno precedente, mentre nel 2023 la spinta maggiore proverrà dai beni di investimento, in particolare dai mezzi di trasporto (+10%) e dalla meccanica strumentale (+7,6%)”, sempre che il Paese non conosca nuove dinamiche in grado di contrarre la crescita e, dunque, la proiezione commerciale. Ma anche la geopolitica può influenzare notevolmente i trend commerciali.
Il decoupling porta le imprese dalla Cina al Vietnam
Negli ultimi anni, infatti il Vietnam è stato un beneficiario della grande competizione di potere tra Stati Uniti e Cina in relazione agli IDE. Mentre la tensione tra Stati Uniti e Cina cresce, il Partito Comunista Cinese ha assunto una posizione meno favorevole alle imprese e la politica cinese contro il Covid-19 è diventata draconiana e apparentemente permanente, le aziende hanno iniziato a cercare di diversificare le loro catene di approvvigionamento per mitigare eventuali interruzioni. La somma di sanzioni americane alla presenza di componenti cinesi negli asset più critici, necessità di riportare sotto il controllo di Paesi alleati le rotte commerciali (decoupling) e la ricerca di rendimenti migliori sul fronte del costo del lavoro aiutano al trend di spostamento del baricentro commerciale dalla Cina al Vietnam.
Solo nel 2021, almeno 11.000 aziende straniere hanno cancellato la loro registrazione aziendale in Cina, in netto contrasto con l’aumento netto di 8.000 imprese straniere registrate nel 2020. Tra gli altri, aziende come Apple, Samsung e Hasbro, che hanno avuto operazioni di produzione significative e di lunga data in Cina, hanno deciso di ridurre le loro operazioni nel paese, aprendo alla Tigre ruggente di Hanoi. Foxconn, il principale produttore di elettronica che stipula contratti con tutte le principali aziende tecnologiche, di recente ha annunciato che avrebbe investito 300 milioni di dollari in una nuova fabbrica nel nord del Vietnam. Google prevede di spostare fino a metà della produzione dei suoi telefoni Pixel in Vietnam, mentre Microsoft ha utilizzato il Vietnam per parte della sua produzione Xbox. Alcuni anni fa, queste società avrebbero prodotto esclusivamente questi articoli in Cina. Nel complesso, gli IDE del Vietnam sono aumentati dell’8,9% tra gennaio e giugno di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2021. Il decoupling è geopolitica, commercio, opportunismo e il Vietnam ne approfitta. Inaugurando un trend in cui anche l’Italia, con le sue tecnologie, le sue maestranze e la sua vocazione all’export, può esser protagonista con investimenti e ricerca di quote di mercato sempre più pregiate.