Si chiama passion economy, che letteralmente significa economia della passione, ma non pensate per forza solo al sesso. Dalla cucina al tennis, dalla poesia al bricolage, qui si tratta di sfruttare i propri hobby per monetizzare. Un’idea che molti stanno cavalcando, da cui sono nate varie app di successo, come Onlyfans o Mym.Fans. Vediamo come funziona.
Passion economy: cos’è e come è nata
L’inizio dell’era della passion economy, che di fatto è un sinonimo di creator economy, è stata annunciata nel 2020 dal giornalista americano Adam Davidson. Una tendenza che era nata già prima della pandemia, ma che ha sicuramente subito una forte accelerazione durante i lunghi periodi di lockdown, quando milioni di persone in tutto il mondo si sono ritrovate chiuse in casa, impossibilitate nella maggior parte dei casi a svolgere il loro lavoro. Come guadagnare lo stesso in modo alternativo?, si sono chiesti in tanti. E la risposta è stata una sola: sfruttare gli strumenti a disposizione tra le mura domestiche, ovvero una connessione Internet, un computer o uno smartphone e gli attrezzi legati al proprio hobby preferito, da condividere su una delle nuove piattaforme social, che rendono sempre più semplice ed accessibile la monetizzazione.
Quanto vale la passion economy
Il fenomeno si è diffuso a livello mondiale, Italia inclusa. Per esempio, nel nostro Paese nel 2021 sono state aperte circa 549.500 nuove partite Iva con un incremento del 18,2% in confronto all’anno precedente, secondo l’osservatorio del Mef, mentre la creazione di società ha superato i livelli pre-pandemia, con 4.216 nuove startup, il 25% in più rispetto al 2020, secondo Infocamere.
Uno studio Vista, riportato da Adnkronos, ha approfondito il fenomeno: se il 92% degli italiani ha già convertito, o vorrebbe convertire, la propria passione in un’attività complementare, in 3 su 10 quelli hanno già trasformato il loro hobby in un’attività parallela. Il 13% dichiara addirittura di aver rassegnato le dimissioni dal posto di lavoro a tempo indeterminato negli ultimi 12 mesi per dedicarvisi pienamente, mentre un altro 16% vorrebbe lasciare il lavoro principale per dedicarsi alla passion economy. In media, il 34% degli intervistati dichiara di dedicare circa 4 ore settimanali alla propria attività complementare, il 29% dalle 5 alle 9 ore e il 63,7%, il 22% tra le 10 e le 14 ore. Il 56% lavora al proprio progetto la sera, dopo il lavoro principale, oppure nei fine settimana (51%).
Non basta cucinare in diretta social
Certo, non è tutto rose e fiori: quasi un intervistato su due ha paura di correre un rischio troppo elevato e afferma che, se dovesse avviare un’attività complementare, non saprebbe come iniziare.
“Nonostante la crisi, gli italiani non solo non hanno smesso di fare affari, ma hanno sviluppato o stanno sviluppando nuove attività complementari ai loro attuali lavori, ma più legati a hobby e passioni”, ha dichiarato Richard Moody, direttore generale Paesi Nordici, Centro e Sud Europa di Vista. “Ci rendiamo conto, però, che questi nuovi imprenditori possono perdersi rapidamente, sia nell’aspetto legale e normativo, sia nelle strategie di promozione e sviluppo del loro business. Infatti, quasi il 23% non conosce i requisiti legali o finanziari per avviare la propria attività ed il 21% non ha sufficienti conoscenze di marketing e design per poterla promuovere. Ed è normale, poiché è impensabile che la stessa persona sia esperta in tutti i campi necessari”.
Insomma, per guadagnare seriamente con la passion economy, non basta mostrarsi sui social mentre si cucina un piatto di lasagne, si ridipinge una vecchia credenza o si lavora a maglia. Bisogna anche pensare a strutturasi al meglio in vista di flussi di cassa che potrebbero diventare importanti.
Passion economy: i settori principali
Su quali settori puntare? Sempre secondo lo studio Vista, gli hobby o le passioni che gli italiani hanno trasformato – o vorrebbero trasformare – in un’attività complementare sono: viaggi 35%; cucina 30%; cura degli animali 21%; arte, design e creatività 19,8%; alimentazione e benessere 17,6%. Seguono, tra gli altri, gli amanti di fotografia e video (17%), giardinaggio (16%), forma fisica e fitness (15,4%), informatica e tecnologia (14,8%), intrattenimento (12,8%),.
Le piattaforme della passion economy
Da dove cominciare, a questo punto? Durante la pandemia si sono moltiplicate le piattaforme che offrono la possibilità di sfruttare le proprie passioni creando nuovi modelli di business. La più famosa è Onlyfans, che ormai nell’immaginario collettivo, soprattutto in Italia, viene vista come app per adulti, dove condividere contenuti sessuali in cambio di denaro. L’idea iniziale, invece, era quella di una sorta di Instagram “premium”, in cui le persone – vip e non solo – potessero offrire contenuti esclusivi a pagamento ai loro follower.
Da questa stessa idea è nato in Francia nel Mym.Fans, che è l’acronimo di “Meet Your Model”, ma anche di “Me. You. More”. L’idea è fare in modo che si possa incontrare più da vicino – pagando – il proprio idolo, o anche solo una persona che sia un punto di riferimento su un argomento che ci appassiona: cucina, sport, coaching, musica, per esempio.
Da Pocketstars a Fansly, da AVN Stars a Just4Fans, da Cam4 a LoyalFans, le alternative a Onlyfans sono comunque numerose, tutte basate sul principio di condivisione dei contenuti ai propri fan-abbonati: a variare sono le percentuali, più o meno elevate, del guadagno che resta in tasca ai creator e la presenza, più o meno marcata, di sex workers e relativi contenuti “solo per adulti”. Insomma, tra tante possibili passioni quella che fa monetizzare di più è proprio quella passione…