di Francesco Floris
Le terapie digitali per l’autismo. Come funziona? Giuseppe Recchia, vice presidente della Fondazione Smith Kline, che promuove il dibattito e le pubblicazioni in Italia su questa nuova branca sperimentale della medicina, lo scrive così all’interno del volume pubblicato sulla rivista della Fondazione, Tendenze Nuove, una sorta di “Libro bianco” sulle terapie digitali nato con l’obiettivo di introdurre in Italia la nuova frontiera medico-farmaceutica: “Promuovere attraverso il gioco (serious game) l’apprendimento di specifiche funzionalità o lo sviluppo di talune attività, probabilmente inducendo fenomeni di rimodellamento delle connessioni sinaptiche a livello cerebrale”. L’ultima frontiera è rappresentata dalla decisione dell’authority americana FDA, che ha approvato nel 2020 la prima terapia digitale basata su un video game.
Nella settimana in cui si è celebrata con decine di iniziative la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo è importante parlarne e fare il punto. La nuova classe di interventi medici a finalità terapeutica, il cui principio attivo non si basa più su una molecola ma su un software, potrebbero rappresentare una piccola rivoluzione del mondo dell’autismo come di altri disturbi cognitivi-comportamentali. Proprio come avvenuto nel sopraccitato caso statunitense, dove a giugno 2020 la FDA ha vidimato l’approvazione di “Endeavor” per il trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività (ADHD) nel bambino, rendendo disponibile anche la forma digitale del video-gioco.
True Pharma sta dedicando da mesi un ciclo di interviste e approfondimenti alle Terapie Digitali. “Per fregiarsi del titolo di Terapia Digitale non basta aver brevettato o inventato una tecnologia” ha spiegato Gualberto Gussoni, Direttore Scientifico di FADOI, Società Scientifica di Medicina Interna. Per Gussoni “ci deve essere la fase di sperimentazione clinica rigorosa che produca evidenze scientifiche sulla capacità di questi dispositivi di intervenire in termini preventivi e terapeutici sulle condizioni fisiche o mentali. Devono avere alla spalle una produzione scientifica” perché “nel momento in cui un medico dovesse proporre non più una molecola ma una terapia digitale ci si aspetta un’efficacia almeno comparabile e per dimostrarlo servono studi”.
Il professor Giorgio Lorenzo Colombo dell’Università di Pavia, Direttore scientifico del Centro di Economia del Farmaco e delle Tecnologie sanitarie (Cefat), le ha definite una “tecnologia matura” a cui “far fare un salto di livello”. Mentre il dottor Sergio Pillon, Direttore Medico del CIRM (Centro Internazionale Radiomedico), ricercatore e specialista in angiologia con un master universitario in eHealth e che si occupa di Telemedicina dalla fine degli anni ’80, ha proposto un ventaglio di ipotesi terapeutiche innovative e applicazione delle terapie digitali per andare nella direzione della “medicina personalizzata”.