Perché leggere questo articolo: Il caso 5G insegna che prima di parlare di “rivoluzione” industriale e abbandonarsi a facili entusiasmi è necessario aspettare che una tecnologia arrivi a piena maturazione.
Lo sdoganamento della rete 5G in Italia è in ritardo. Perlomeno nelle sue applicazioni per i privati cittadini. Lo conferma l’analisi dell’Osservatorio 5G & Beyond della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui il mercato industriale del 5G italiano potrà valere nel 2025 al massimo 200 milioni di euro.
Il 5G in Italia? Ancora molta strada da fare
Un dato ancora ridotto se pensiamo che nel 2019 la partita della banda ultralarga è stata contraddistinta dalla gara governativa per l’assegnazione delle frequenze 5G. Che ha garantito un ricavo incredibilmente significativo per lo Stato, pari a 6,5 miliardi di euro.
Il valore potenziale è notevole e direttamente proporzionale alle garanzie che il 5G può offrire. Infatti, la tecnologia permette molte più connessioni in contemporanea (fino a 1 milione di utenze per chilometro quadrato) ad altissima velocità. Oltre a tempi di risposta molto rapidi. Inoltre il 5G offre agli utenti una banda di ben 10 Gbps e una latenza inferiore ai 10 ms tra una connessione e l’altra. Con queste caratteristiche il 5G diventa quindi la tecnologia “abilitante” della Gigabit Society, ponendo le basi per la creazione di nuovo valore e opportunità di business strutturate.
Gli ultimi 12 mesi sono stati molto importanti per lo sviluppo nello scenario globale del 5G, che ha consolidato la sua promessa di diventare la piattaforma di connettività e di sviluppo applicativo per un mondo connesso senza limitazioni di velocità, latenza, densità, affidabilità. Uno sviluppo avvenuto principalmente nella dimensione della standardizzazione dei processi più che del mercato, va detto. La causa del lento sviluppo del mercato in Italia è da ricercarsi in particolare nella maturità dell’offerta, dalla difficoltà a reperire terminali industriali per sviluppare use case all’offerta di connettività ma, come spiega Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio 5G & Beyond – “non va trascurata anche la difficoltà nel trovare una proposizione di valore ben definita che giustifichi l’investimento iniziale”.
La copertura 5G c’è, il business no
Per Miragliotta “la transizione verso il 5G di comparti come forze di polizia, reti ferroviarie, utilities, città intelligenti può creare massa critica” per un sistema che a livello nazionale appare ben più sdoganato in ambito industriale che a livello di mercato retail. Secondo l’ultima delle relazioni annuali europee sull’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), il 5G in Italia copre tra il 96% il 99,7% della popolazi. Ma solo il 7,3% di questa copertura è garantita in forma “Not Stand Alone”, ovvero evitando di dipendere dalle tecnologie 4G con conversione di banda. Il governo Draghi ha promosso il piano “Italia 5G”, che mira a favorire lo sviluppo di reti mobili 5G nelle aree a fallimento di mercato. L’obiettivo era soddisfare pienamente le esigenze di connettività mobile in grado di abilitare i molteplici casi d’uso previsti dall’Unione internazionale delle telecomunicazioni.
In quest’ottica “l’Italia si colloca all’ottavo posto nell’Ue per quanto riguarda l’integrazione delle tecnologie digitali. La maggior parte delle PMI italiane ha un livello base di intensità digitale (60 %, ben al di sopra della media UE del 55%)”. Questo non favorisce certamente il successo delle tecnologie abilitanti come l’internet delle cose, garantite dalla tecnologia 5G nella loro piena efficacia.
Un problema europeo
In generale è proprio su scala europea che non c’è ancora alcun progetto pronto in forma strutturale per il mercato di massa. E questo conferma le difficoltà che hanno tutti i paesi, non solo l’Italia. Estonia e Polonia sono le eccezioni in cui quote di 5G molto elevate non si basano sulla condivisione dello spettro delle frequenze 4G o dello spettro 5G a banda bassa, che non consente ancora la piena diffusione di applicazioni avanzate. Colmare queste lacune è essenziale per liberare il potenziale del 5G e abilitare nuovi servizi con un elevato valore economico e sociale, come la mobilità connessa e automatizzata, la produzione avanzata, i sistemi energetici intelligenti o l’eHealth. 7
Nel 2020 la Commissione Ue prevedeva che tra il 2021 e il 2025 il 5G avrebbe contribuito a far crescere il Pil europeo di circa mille miliardi di euro complessivi, aprendo la strada alla creazione di posti di lavoro qualificati per 20 milioni di persone in tutti i settori.
GSMA: Europa indietro sul 5G rispetto a Giappone, Corea, Usa
Un orizzonte roseo che si scontra con i ritardi di adozione che l’Ue sta maturando. GSMA, organizzazione industriale che rappresenta gli interessi degli operatori di rete mobile in tutto il mondo, nel suo rapporto sull’economia digitale europea ha previsto che entro il 2025, ci saranno 311 milioni di connessioni 5G in tutta Europa, con un tasso di adozione del 44%. Tuttavia, i mercati europei sono ancora in ritardo rispetto ai concorrenti globali come Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti nell’adozione della tecnologia. E questo apre al vero problema decisivo per Roma e Bruxelles: la mancanza di campioni europei capaci di dividere la scena con attori come Huawei, Zte, Verizon e gli altri giganti del tech attivi nel 5G e di creare tecnologie europee degne di questo nome. Senza le quali l’Italia e l’Europa si trovano, giocoforza, costrette a rincorrere.