di Francesco Floris
Circola da settimane l’idea. Una lista elettorale a tema “salute” da presentare alle elezioni comunali di Milano il 10 e 11 ottobre 2021. Del resto se “scontro” sulla sanità deve essere, lo sia fino in fondo. Anche con Regione. Il regista dell’operazione sembra essere il consigliere comunale uscente Marco Fumagalli, medico e vicino a Beppe Sala. Ma nella testa del sindaco di Milano non mancano i motivi per mettere in piedi quella che è già stata ribattezzata la “decima lista”.
Tre gli obiettivi fondamentali. Il primo, tattico: rafforzare la coalizione che lo sostiene anche in vista di un possibile scontro per Palazzo Marino più intenso di quanto si potesse immaginare qualche settimana fa, se il centrodestra dovesse pescare l’asso dal mazzo candidando uno fra Gabriele Albertini, Maurizio Lupi o Riccardo Ruggero, amministratore delegato di Telecom ai tempi in cui Sala faceva il Direttore Generale della società. I due non si sono lasciati esattamente fra baci e abbracci.
Il secondo, strategico: parlare di salute e sanità. Tutti i sindaci d’Italia dovranno fare i conti alle urne – pur senza esserne la causa – con la crisi sociale e sanitaria che si è abbattuta sulla penisola. L’elettorato tende a cogliere poco le sfumature sulla “divisione” delle responsabilità tra i diversi livelli amministrativi, sul titolo V della Costituzione e via dicendo. E in genere se la prende con il politico che gli è più “vicino”. Rimane comunque il fatto che, a oggi, il sindaco è già formalmente il primo responsabile delle salute dei propri cittadini. Lo si è visto, per esempio, nello scontro politico fra interessi contrapposti sul “blocco degli sfratti”. Con i primi cittadini, anche di coalizioni moderate, a tifare per il “rinnovo del blocco” dopo gli studi che in Usa hanno dimostrato correlazioni da due a cinque volte superiori su contagi e mortalità da Covid negli Stati della Federazione che hanno rimosso la “moratoria” sugli sfratti.
Il terzo motivo è operativo e fondamentale: cosa vuole fare una città come Milano con i suoi 300mila over 65 di cui oltre il 33% che vive in casa da solo, stando all’ultimo censimento? Chi meglio delle politiche sociali conosce con una “risoluzione” al dettaglio di quartiere o singolo indirizzo le situazioni su cui intervenire?
Si pensi al paradosso di questi mesi: con i cosiddetti “custodi sociali” dei caseggiati popolari che riferiscono e indicano ai medici di base i casi di persone fragili o anziane su cui è urgente intervenire. È stata pura improvvisazione – certo – che però può essere messa a sistema. Se si vuole davvero realizzare un modello integrato di welfare dai sindaci e dai Municipi bisogna passare per forza. Beppe Sala lo sa. E si sta attrezzando.