Il capolavoro del presidente della Figc, Gabriele Gravina, che è riuscito nell’impresa di far mettere nero su bianco a Draghi la garanzia che a giugno lo stadio Olimpico potrà contenere almeno il 25% della sua capienza, consentendo così all’Italia di non perdere il treno dell’Europeo, ha suscitato più invidie che consensi.
Le mosse di Gravina
Esattamente come un anno fa, quando al numero uno della Federcalcio si imputava di volere per sé un trattamento diverso dagli altri sport, come se chiudere (era quello che volevano virologi e l’ineffabile Spadafora, ricordate?) la Serie A potesse avere lo stesso impatto di un qualsiasi campionato di rugby o pallavolo. Non era così e per fortuna Gravina ha tenuto duro, sapendo trovare le sponde politiche giuste; non ci fosse riuscito, oggi la filiera del calcio e dello sport italiano conterebbero danni per miliardi di euro, non per centinaia di milioni.
Le mosse di Malagò
La scenetta si sta ripetendo adesso con protagonista centrale il solito Malagò che da presidente del Coni pare vivere malissimo i successi di Gravina. Dopo aver accompagnato a distanza la lotta per non farsi scippare l’Europeo dalla Turchia di Erdogan, Malagò ha fatto trascorrere meno di ventiquattro ore dopo il via libera al progetto “Olimpico aperto” per esporsi in prima persona. Per fare i complimenti? No. Per dire “bravi, ma adesso ci attendiamo uguale trattamento per tutti gli altri”.
Il calcio contro tutti
Che in linea teorica è corretto e però il numero uno del Coni dovrebbe anche sapere, essendo padrone di casa, quali investimenti e quali sforzi sono stati fatti per mettere l’Olimpico nelle condizioni di ospitare almeno 17.500 spettatori, schedati, distanziati e non a rischio focolaio. Tradotto: lo sport italiano ha il diritto di ripartire tutto, tornare a riempire le arene e i palazzetti oltre agli stadi non solo per un grande evento. Ma più che strepitare ai presunti privilegi del calcio, ha innanzitutto il dovere di lavorare giorno e notte perché accada.
Pensando che Euro 2020 non è un regalo fatto a Gravina e un privilegio concesso ai ricconi indisponenti del pallone (sempre loro), ma la locomotiva che potrà trainare gli altri vagoni. Sempre che ci mettano del loro e non restino solo ad aspettare la grazia ricevuta.