(Adnkronos) – “Al governo chiediamo più ascolto, perché il nostro è un settore sottovalutato: incomprensibile, specialmente se si considera che l’Italia è un’eccellenza riconosciuta a livello mondiale nella produzione di giostre e attrazioni, basti pensare al caso di Zamperla. Un Paese a vocazione turistica dovrebbe valorizzare i parchi divertimento, che non tolgono nulla, anzi arricchiscono l’immenso patrimonio culturale e naturalistico italiano, e sono particolarmente apprezzati dagli stranieri”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Luciano Pareschi, presidente Associazione parchi permanenti italiani-Confindustria.
“Se i fatturati del settore – spiega – dei parchi permanenti sono ritornati ai livelli del 2019 non si può dire la stessa cosa per gli utili, a causa innanzitutto dell’incremento esponenziale del costo dell’energia”.
“I parchi – ricorda – sono imprese energivore, non possono limitare i consumi e non possono nemmeno intervenire sul prezzo dei biglietti, pena la perdita immediata degli ingressi. Nel 2022, ad esempio, a fronte di incrementi percentuali a tripla cifra nelle bollette, il prezzo dei biglietti è cresciuto in media del 5%. Il resto sono perdite secche. Al netto dell’incertezza di breve e medio periodo dovuta al contesto geopolitico, è innegabile che l’approvvigionamento energetico in futuro avrà un valore strategico non trascurabile”.
“Molte realtà – sottolinea – stanno quindi accelerando i processi di efficientamento energetico, valutando il fotovoltaico per diventare autonomi. Per raggiungere questo obiettivo è tuttavia necessario l’aiuto dello Stato, che dovrebbe prevedere una chiara politica di incentivazione attraverso fondi e finanziamenti a lungo termine a tasso agevolato anche nel caso di grandi impianti. Il progetto è di installare i pannelli solari nelle aree di parcheggio, che sono prive di vincoli paesaggistici, e il surplus di energia prodotta andrebbe a vantaggio dell’intera comunità”.
“A livello di numeri – fa notare – il bilancio del settore dei parchi permanenti è positivo. Alcuni parchi acquatici hanno superato i fatturati del 2019 e, complici un’ottima primavera e buone performance in autunno e inverno, anche quasi tutti i parchi tematici hanno raggiunto lo stesso risultato. Se gli italiani e gli stranieri sono tornati a sorridere nei parchi divertimento, però, lo si deve soprattutto alla forza di volontà e agli incredibili sforzi degli imprenditori che li guidano”.
“A conti fatti – sottolinea Pareschi – tra ritardi e cavilli burocratici, le aziende del comparto hanno ricevuto aiuti risibili, se rapportati ai volumi di fatturato e alle perdite subite, e si sono fortemente impoverite in questi due anni: tolte alcune realtà che hanno alle spalle fondi di investimento o multinazionali dell’intrattenimento, la maggior parte dei parchi è composta da piccole e medie realtà imprenditoriali che hanno subito perdite tra il 100% e il 75% nel 2020 e del 50% nel 2021, e le hanno dovute ripianare attingendo a risorse private”.
“Il futuro del settore dei parchi permanenti – sostiene – è sempre più orientato all’internazionalizzazione dell’offerta: potenziamento delle strutture, affinché attrazioni e tematizzazioni siano competitive rispetto ai parchi di fama mondiale, e accordi commerciali con tour operator e altri operatori turistici per sviluppare pacchetti incoming da proporre ai mercati stranieri”.
“Al netto – osserva – dell’attuale crisi sanitaria, ad esempio, la Cina conta 600 milioni di potenziali turisti appassionati dell’Italia e particolarmente sensibili all’offerta di intrattenimento garantita dai parchi, al pari dei visitatori provenienti da India, Paesi Arabi e Usa. La seconda sfida, direttamente correlata alla prima, è lo sviluppo di un modello di accoglienza evoluto, nel quale il parco divertimento diventa destinazione turistica, in sinergia con il sistema turistico del territorio, offrendo servizi complementari per intercettare target trasversali e ottimizzare la distribuzione dei flussi di visitatori, contribuendo a limitare il cosiddetto ‘overtourism’ di cui soffrono molte delle nostre città d’arte”.
“Il settore dei parchi permanenti – spiega all’Adnkronos/Labitalia Maurizio Crisanti, segretario nazionale Associazione parchi permanenti italiani-Confindustria è composto da circa 230 aziende, tra parchi faunistici, tematici, acquatici e avventura. Il 2022 si chiude sostanzialmente in linea con livelli del 2019, quando il comparto ha ospitato 20 milioni di visitatori italiani e 1,5 milioni di stranieri, per un totale di 1,1 milioni di pernottamenti in hotel. Sempre nel 2019 le aziende del settore fatturavano 450 milioni di euro di sola biglietteria, generando un indotto di 1 miliardo con i servizi interni, come la ristorazione e il merchandising, e di 2 miliardi considerando hotel, centri commerciali, manutenzioni e altri servizi di prossimità e/o esternalizzati”.
“Il numero di occupati nel settore dei parchi permanenti – sottolinea – è di circa 25.000 persone, tra dipendenti fissi (10.000) e stagionali (15.000), 60.000 considerando l’indotto. In media, il settore investe 100 milioni di euro in innovazione ogni anno, che si traducono in una crescita del 20% dei posti di lavoro”.
“Anche se i numeri nel 2022 dei parchi permanenti – sostiene – sono tornati ai livelli del 2019, le perdite subite in questi anni e l’erosione dei margini costringe molte realtà a riconsiderare i propri piani di investimento. Questo è un settore in costante evoluzione e la riduzione degli investimenti potrebbe rivelarsi letale per le imprese, oltre ad impoverire l’attrattività dell’offerta turistica del territorio. La sfida delle imprese e del governo è di garantire la continuità di questi investimenti”.