Perché questo articolo potrebbe interessarti? La democrazia è sotto attacco in tutto il mondo. L’ultimo episodio è avvenuto in Brasile, con decine di migliaia di manifestanti antidemocratici che hanno invaso la Corte Suprema, il Congresso e il palazzo presidenziale di Brasilia. Eppure ci sono tante altre “zone calde” dove il rischio di assistere a rivolte, assalti alle istituzioni e proteste violente è altissimo. Anche in Paesi apparentemente insospettabili.
Dal Sud America all’Africa, dal Sud-est asiatico all’Europa. La democrazia è in crisi a qualunque latitudine. Certo, dove le radici democratiche sono meno profonde i rischi di rivolte, sommosse e rivoluzioni sono proporzionalmente più elevati.
In generale, tutti i governi democratici possono potenzialmente ritrovarsi a fare i conti con quanto accaduto in Brasile. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti nel 2021 con l’assalto di Capitol Hill. Ma anche nel continente europeo, con l’exploit di partiti populisti e ultra conservatori, pronti ad abbracciare percorsi autocratici.
La mappa del malcontento: qui la democrazia è a rischio
“La democrazia è sotto attacco, sia letterale che figurato, in tutto il mondo”. Lo si legge nelle prime righe del rapporto 2022 dell’Istituto Internazionale per la Democrazia e l’Assistenza elettorale (IDEA) di Stoccolma sullo stato globale della democrazia 2021.
Il mondo è attraversato da una miriade di cause di instabilità politica ed economica. Citiamo l’impennata dei prezzi del cibo e dell’energia, l’aumento dell’inflazione e un’imminente recessione. Ed è proprio questa la benzina principale per le fiammate anti democratiche.
In ogni caso, sempre secondo il report IDEA, tra il 2016 e il 2021 il numero di Paesi avviati verso l’autoritarismo è stato più del doppio rispetto a quelli che si sono avvicinati alla democrazia.
In questo stesso lasso di tempo, 27 nazioni hanno subito un declassamento nella loro classificazione di regime, mentre solo 13 sono migliorati. Nel 2021 altre due democrazie sono evaporate: Myanmar e Tunisia.
Gli ultimi dati mostrano sette Paesi in arretramento. Brasile, El Salvador, Ungheria e Polonia stanno “arretrando gravemente”. India, Mauritius e Stati Uniti stanno “arretrando moderatamente”.
La situazione in Europa
La democrazia rimane la principale forma di governo in Europa ma i suoi risultati sono stagnanti. Nell’ultimo anno sei paesi hanno registrato diminuzioni statisticamente significative dell’integrità dei media. I ribassi interessano l’Europa occidentale (Austria, Germania), l’Europa centrale (Slovenia), i Balcani (Bosnia ed Erzegovina), l’Europa meridionale (Cipro) e l’Europa orientale (Azerbaigian).
Nel frattempo regimi non democratici europei si sono ulteriormente consolidati nell’ultimo anno. La Russia si è unita alla Bielorussia e all’Azerbaigian come terzo regime autocratico in Europa.
La Serbia e la Turchia rimangono trincerate nell’ibridazione, e l’Ungheria di Viktor Orban continua ad essere una sorvegliata speciale.
In un quadro del genere gli elettori in molte democrazie di lunga data in Europa sostengono sempre più partiti di estrema destra e populisti che ignorano gran parte dei principi fondamentali della democrazia.
L’erosione democratica nel resto del mondo
Negli Stati Uniti, le minacce alla democrazia persistono dopo la presidenza Trump, tra polarizzazione e revoca dei diritti consolidati. Intanto Haiti, Nicaragua e Venezuela si sono unite a Cuba come autocrazie nella regione latinoamericana.
Per quanto riguarda l’Africa e l’Asia, bisogna tuttavia considerare che i contratti sociali locali dipendono da un’economia di rendita. Dove cioè lo stato è principalmente finanziato attraverso la vendita di materie prime (principalmente idrocarburi). Detto altrimenti, finché l’economia funziona il rischio di rivolte è basso.
Secondo i dati di V-Dem , un istituto di monitoraggio con sede in Svezia, oggi stanno scivolando verso l’autocrazia più democrazie che in qualsiasi periodo storico del secolo scorso. Improvvisamente, il terremoto politico avvenuto in Brasile non sembra più essere un fulmine a ciel sereno.