Nelle ultime giornate ha fatto scalpore la battaglia del Codacons sui prezzi dei carburanti. Il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, nelle sue rilevazioni, è arrivato a segnalare presunte anomalie sui prezzi alla pompa di benzina e gasolio.
Il Codacons all’attacco
“Al netto dell’aumento delle accise deciso dal Governo che non ha prorogato lo sconto di 18,3 centesimi, l’incremento dei prezzi registrato negli ultimi giorni presso i distributori di tutta Italia sembra non rispondere all’andamento delle quotazioni petrolifere”, nota il Codacons in un rapporto: “prendendo in esame solo le ultime settimane, si scopre che il Brent in due mesi ha subito un deprezzamento del -25,5%, passando dai 99 dollari al barile del 7 novembre 2022 agli attuali 73,7 dollari”, aggiunge lo studio del 10 gennaio.
Il Codacons accusa che l’aumento dei prezzi alla pompa di benzina e gasolio è superiore alle accise ritornate in auge dopo il mancato rinnovo del taglio scelto da Giorgia Meloni e che il prezzo massimo è salito a 2,50 euro al litro. La presa di posizione si unisce al fatto che, rivendicando la diffusione delle notizie sui controlli della Guardia di Finanza, il Codacons dichiari che sul prezzo sia stata accertata la sua linea. E cioè che la speculazione degli operatori ha avuto un ruolo decisivo nell’aumento dei prezzi.
La verità sui prezzi della benzina
Ma le cose stanno davvero così? Il Codacons indica come prezzo di punta i casi-limite alle pompe in autostrada: sulla A1 la verde arriva a costare 2,369 euro al litro col servito, il gasolio 2,449 euro. Una prova, a loro avviso, della speculazione come movente della crescita Una tesi respinta al mittente dalla Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali Carburanti (Figisc), come riportato da Radio Popolare. Secondo cui “l’aumento dei prezzi alla pompa corrisponde quasi specularmente all’aumento dell’accesia e della corrispondente IVA”, tra 15 e i 18 centesimi al litro.
Il Codacons, però, ha lanciato un esposto all’Antitrust. L’obiettivo è “verificare la correttezza dei listini alla pompa e l’esistenza di eventuali speculazioni tese a mantenere ingiustificatamente elevati i prezzi di benzina e gasolio”. Risulta possibile che ciò accada? Difficile prevederlo.
Il mercato dei carburanti è da stato normato coi tetti precisi solo col decreto del 10 gennaio 2023, prima del quale non esistevano norme precise. E una violazione dei diritti di concorrenza è in tal senso difficile da accertare. Al contempo, le compagnie da tempo prevedono politiche di controllo dei prezzi che puniscono severamente con multe i distributori che rincarano eccessivamente.
I limiti dell’approccio del Codacons
In quest’ottica la polemica del Codacons appare, nei fatti, sterile. Denunciare come proprie vittorie gli accertamenti della Finanza è a dir poco ardito. Denunciare come prezzi limite quelli di poche pompe sull’A1 rischia di apparire fuorviante. Mettere nel dibattito pubblico il tema della speculazione come fattore determinante del caro-carburanti non giova al dibattito.
Il Codacons – va detto – non è poi né un’autorità di regolamentazione né un apparato di emanazione istituzionale. Ma, bensì, un gruppo di pressione costituito sotto forma di associazione che fa parte del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (Cncu), nonché di numerose commissioni consultive della Pubblica Amministrazione.
Sua forza e suo limite è la spinta all’utilizzo del metodo dei ricorsi e delle class action giudiziarie come strumento di pressione. “Marchio di fabbrica” del presidente del Codacons, avvocato Carlo Rienzi. Un metodo che ha dato visibilità al Codacons e garantito vittorie, come quella sugli operatori telefonici per i rincari delle tariffe, ma spesso causato polemiche non secondarie. Come appare possibile succeda in questo caso.
Tutte le sconfitte del Codacons
La realtà dei fatti è che risalire dal basso a una “manipolazione di mercato” è difficile. E che più volte le accuse del Codacons non sono arrivate a un risultato effettivo. Naturale, come fatto per un’associazione che ha combattuto molte battaglie. Alcune delle quali trasformatesi in dure sconfitte.
La più nota, quella del 2020 contro Fedez e Chiara Ferragni. Il Codacons aveva criticato la raccolta fondi avviata dal rapper con la moglie Chiara Ferragni da destinare al San Raffaele di Milano in piena emergenza coronavirus, denunciando poi Fedez per le critiche ricevute, salvo ricevere un’archiviazione.
La più recente sconfitta del Codacons, la battaglia contro l’invio di armi all’Ucraina respinta dal Consiglio di Stato. Ma si segnalano anche i ricorsi in nome del diritto alla concorrenza contro l’affidamento a Diego Della Valle del restauro del Colosseo nel 2012 (bocciato dal Tar del Lazio). Il 16 marzo 2018 è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto un altro importante ricorso al Tar. Con questo, in particolare, il Codacons contestava gli atti ministeriali adottati in attuazione del decreto legge sull’ obbligo vaccinale.
Ampliare il dibattito sulla tutela dei consumatori
Dunque, in fin dei conti, il Codacons è ente affidabile o meno? Non possiamo che rispondere a questa domanda se non con un ragionamento strutturato. Come ogni organizzazione di categoria, il Codacons porta avanti le battaglie più funzionali al suo obiettivo: ottenere la primaria rappresentanza della voce dei consumatori nelle interlocuzioni con le istituzioni. A volte le vince, a volte le perde, chiaramente. Ma il risultato è in larga parte stato raggiunto.
La realtà dei fatti sta nella percezione mediatica che viene data, spesso, alle parole del Codacons, le cui parole sono connesse alla voce per eccellenza delle categorie dei consumatori. Superando, in ampiezza, quelle di altre associazioni come Federconsumatori. Buona norma sarebbe quella di ritenerle, in fin dei conti, come una delle categorie di voci presente in un dibattito che deve essere plurale. Anche e soprattutto ora che il tema della tutela dei consumatori deve essere approcciato con attenzione.