La “legalità democratica” e la proposta alle città di “associarsi”
Ricordo che tanti anni fa ero capo di gabinetto di un comune di medie dimensioni del Nord Italia. Un comune difficile, con tanti bisogni sociali. I soldi non bastavano mai, a bilancio. Perché i bisogni della gente erano tanti. C’erano decine di famiglie che vivevano grazie al pacco alimentare che veniva distribuito ogni settimana. E quello era solo una goccia nel mare: il corpo a corpo con il bilancio stretto, tagliando tutto per trovare le risorse per quello che serviva, era una pratica quotidiana. Un giorno arriva in Comune una lettera da parte di una realtà – della quale non dirò il nome ma è una delle più presenti sui giornali – nella quale questa associazione che promuove la “legalità democratica” chiede alcune migliaia di euro per “associarsi” e diventare così comune davvero trasparente e per la legalità. In caso contrario, niente associazione e – per deduzione – niente legalità e niente trasparenza.
La legalità con i trucchetti e l’ipocrisia
Insomma, bastava versare quelle migliaia di euro e immediatamente il Comune avrebbe avuto l’immagine di un luogo onesto. Tante amministrazioni, vicine e lontane, aderivano. E come potevano fare altrimenti? Uscire sui giornali nelle varie rassegne come comuni che non ci tenevano alla legalità costava e costa in termini di reputazione, e quindi anche a livello politico. Ma quei soldi, in effetti, non certificavano proprio niente. Certificavano solo che si spendevano dei quattrini della collettività per finanziare una associazione che rilasciava un patentino di legalità sul nulla. Ecco. Le due facce della legalità. La prima è quella che si fa sul campo, sudando, mettendo a repentaglio la propria vita e i propri cari e se va bene arrestando Messina Denaro, se va male lasciandoci la pelle. L’altra è quella che si fa solo a parole, con l’ipocrisia, con i trucchetti. E ingannando i cittadini, che credono purtroppo ancora a classifiche di trasparenza e legalità che sono state comprate con i loro soldi.
PS. Alla fine, indovina un po’, quel comune dove lavoravo pagò e si associò. Ma io me ne ero già andato, fortunatamente.