Francesco Geraci è stato per anni braccio destro di Matteo Messina Denaro e custode dei gioielli di famiglia di Totò Riina. Dopo il suo arresto, divenne collaboratore di giustizia. Nell ultime ore è arrivata la notizia della sua morte.
Francesco Geraci è morto, ex pentito di Cosa Nostra
Francesco Geraci è morto: uno dei tanti collaboratori di giustizia a tradire Cosa Nostra. Arrestato nel 1994, era diventato un collaboratore di Giustizia. Originario di Castelvetrano, aveva 59 anni ed è deceduto in una clinica dove stava cercando di curarsi per un tumore al colon. Il suo pentimento ha portato alla conoscenza di diversi dettagli riguardo alcuni progetti di attentati pensati dai capi di Cosa Nostra contro politici e magistrati.
Era il braccio destro di Matteo Messina Denaro e gioielliere di Riina
Geraci è stato per tanto tempo braccio destro di Matteo Messina Denaro ed inoltre è stato il custode dei gioielli di famiglia di Salvatore Riina. La sua storia ed il suo ruolo in Cosa Nostra si conosce anche per le sue dichiarazioni ai giudici. Grazie alla sua collaborazione sono stati trovati collier, orecchini, Cartier, crocifissi tempestati di brillanti, diamanti, sterline e lingotti d’ oro per oltre due miliardi di vecchie lire.
“Con Messina Denaro Matteo ci conosciamo dall’infanzia perché giocavamo assieme da piccolini. Abita vicino casa mia, in linea d’aria saranno un 200 metri”, aveva dichiarato in un’udienza di qualche anno addietro dopo avere cominciato a collaborare con la giustizia.
Francesco Geraci raccontò anche di un attentato fallito a Falcone a Roma: “C’era una lista di persona da uccidere. Cercavamo anche Falcone che andava al ministero. Avevamo compiti differenti io e Vincenzo Sinacori (altro fedelissimo amico dell’ex boss di Castelvetrano, ndr)”.
E ancora: “Andammo a Palermo, con Matteo Messina Denaro, a una riunione, alla quale non mi fecero prendere parte, credo perché non contavo niente. C’erano Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, i fratelli Graviano, Vincenzo Sinacori, Salvatore Biondo, fu in quella occasione che si decise che si doveva andare a Roma». «Nella Capitale eravamo io Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori, e un’altra persona. Mi portarono a Roma perché avevo la carta di credito. E lì presi una macchina a noleggio”.
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