Perché leggere questo articolo? Primarie, con il voto nei circoli, funestato dalle accuse incrociate sui brogli, è cominciata la sfida per la leadership del Pd. In attesa delle primarie del 26 febbraio, i dirigenti dem temono il flop della partecipazione e si sono dati degli obiettivi minimi per scongiurare la dèbacle.
Con il voto nei circoli è partita la sfida del congresso del Pd. Ma, mentre i candidati si accusano a vicenda di brogli e tessere fasulle, c’è una paura che unisce tutti gli sfidanti e coinvolge ogni corrente. Si tratta del terrore di un flop di partecipazione alle primarie, per quello che doveva essere addirittura un momento “rifondativo” per i dem, dopo la sconfitta alle ultime elezioni politiche. Poche tessere, pochi votanti. Questo è lo spettro che si aggira per i corridoi del Nazareno alla vigilia delle primarie.
Primarie Pd, gli obiettivi minimi del Partito Democratico
E così i dirigenti del Partito Democratico si sono dati degli obiettivi minimi da raggiungere. Soglie numeriche al di sotto di cui si parlerà di un flop conclamato. Con conseguente apertura di una nuova “discussione interna” dagli esiti imprevedibili. Per quanto riguarda l’affluenza alle primarie del 26 febbraio, data in cui, presumibilmente, si sfideranno Elly Schlein e Stefano Bonaccini, la modesta asticella è stata fissata alla cifra di 100mila votanti. “Se votano meno di 100mila persone è un disastro”, riflette un parlamentare dem che appoggia Bonaccini. E stavolta le preoccupazioni sono condivise anche dai sostenitori della mozione della Schlein e dagli altri due candidati: Gianni Cuperlo e Paola De Micheli.
Primarie PD, la differenza rispetto alle primarie del 2019
Ciò che fa impressione è la differenza con quanto è avvenuto alle primarie del 2019. Anche allora il Pd era reduce da una sconfitta elettorale alle politiche e il partito era in crisi di identità dopo gli anni del renzismo, eppure la base rispose presente alla chiamata al voto per scegliere il nuovo segretario. Nicola Zingaretti divenne leader e votarono un milione e 600mila persone. In soli quattro anni gli obiettivi si sono ridimensionati. Ora al Nazareno sperano che votino almeno in 100mila. A tutto ciò si aggiungono le previsioni funeste sulle regionali. Sia in Lazio sia in Lombardia, i candidati del centrosinistra si avviano verso una mesta disfatta. Secondo i sondaggisti, l’aspirante governatore laziale Alessio D’Amato si attesta intorno al 35%, circa dieci punti dietro all’avversario Francesco Rocca, del centrodestra. Va peggio per il lombardo Pierfrancesco Majorino, che in molte rilevazioni è sotto il 30%. Venti punti sotto Attilio Fontana del centrodestra.
Tessere, si prospetta il record negativo
L’altro nodo sono le tessere. Proprio in queste ore stanno arrivando i dati dalle regioni, anche se infuriano le polemiche per brogli, truppe cammellate e tesseramenti gonfiati, soprattutto al Sud. Al netto delle accuse incrociate, il problema è il record negativo di iscrizioni che si prospetta. Pure in questo caso, al Nazareno hanno dovuto rivedere le loro ambizioni. Per quanto riguarda le tessere, il minimo sindacale è stato fissato a quota 200mila iscritti. Il target con tutta probabilità sarà raggiunto, però si tratta di un numero bassissimo. Spia di un restringimento della base che è impressionante, di un logoramento che va avanti anno dopo anno. E fioccano le scuse. Tra i parlamentari c’è chi se la prende con il M5s e il Terzo Polo che “vogliono distruggerci”. I sostenitori della mozione Bonaccini mettono già nel mirino le modalità con cui stanno avvenendo le iscrizioni, che da quest’anno sono solo soltanto online. Lo scopo dell’introduzione dell’adesione via web era quello di favorire processi trasparenti, evitando proprio le iscrizioni gonfiate di cui però si parla in questi giorni. Per i critici dello strumento, invece, la smaterializzazione del tesseramento ha soltanto propiziato un ulteriore allontanamento della base dai vertici.
Pd, la crisi dei numeri
Noi non sappiamo chi abbia ragione, ma anche in questo caso basta guardare i numeri per rendersi conto della crisi in cui versa il Pd. Se ora l’asticella minima è posta a 200mila tessere, solo nel 2021 gli iscritti erano 320mila. Nel 2019 i tesserati erano quasi 413mila. Più del doppio rispetto alle umili ambizioni del Pd attuale.