Il tempo d’attesa della sentenza della Corte di Giustizia UE sta finendo e le grandi manovre intorno alla Superlega sono riprese. Non si erano mai fermate, in realtà, come dimostra il verdetto del Tribunale Mercantile di Madrid che ha nuovamente ribadito come la Uefa non abbia titolo di punire i cosiddetti club ribelli, fornendo così ulteriore scudo a Juventus, Barcellona e Real Madrid nella guerra contro Nyon di cui il pronunciamento della Corte europea sarà solo un passaggio, seppure fondamentale. Che i tempi siano maturi per il confronto finale lo dimostra anche l’ultima mossa di A22 Sports Management, la società che dal 2022 ha preso in mano il progetto facendo da schermo alle società promotrici.
Un decalogo in cui si dettagliano i principi base del progetto
Un decalogo in cui si dettagliano i principi base del progetto e che discendono dalla rete di incontri e confronti che Berndt Reichart, il manager a capo di tutto, ha fatto negli ultimi mesi con proprietà, presidenti e dirigenti. E’ vero che il confronto con la Uefa e i suoi vertici era terminato a male parole, ma i promotori non si sono fermati e hanno proseguito nella loro opera forti anche del parere dell’Avvocatura della Corte di Giustizia UE, favorevole alla Uefa ma anche chiara nell’affermare il principio che nessuno può negare il diritto di costruire competizioni alternative a quelle ufficiali.
Un torneo aperto
La nuova Superlega, sempre che sia questo il nome una volta dovesse diventare operativa, sarà un torneo non più chiuso ma aperto e basato sul merito, composto da 60-80 squadre spalmate su diverse divisioni e un sistema che riconosce la centralità dei campionati nazionali, definiti “le fondamenta del calcio europeo”. Nessun membro permanente: se davvero sarà così, si tratta della riforma più grande rispetto al format naufragato nel giro di poche ore nell’aprile 2021 quando lo scontro è venuto alla luce del giorno.
La crisi Covid ha solo accentuato disequilibri e problemi
Il punto di partenza del decalogo è che il sistema non regge più e la crisi Covid ha solo accentuato disequilibri e problemi. Il calcio europeo è “sull’orlo dell’abisso” e non c’è più tempo e modo di proseguire con i vecchi schemi. A22 propone una nuova visione, che garantisca stabilità ai club permettendo di modulare con maggiore sicurezza i propri investimenti. Come? Con un minimo di 14 partita stagionali e con una massa di ricavi superiore a quella attuale e anche a quella che la Uefa immagina di poter raccogliere con il nuovo format della Champions League a partire dal 2024. I soldi saranno distribuiti lungo tutta la piramide del sistema – è la promessa dei promotori della futura Superlega – con grande attenzione anche ai meccanismi di solidarietà verticale che dovranno consentire la massima competitività anche ai tornei nazionali, la porta d’accesso al paradiso della Superlega stessa.
Il rispetto rigoroso delle norme finanziarie che riguarderanno tetto agli stipendi
Altro punto sottolineato con forza è il rispetto rigoroso delle norme finanziarie che riguarderanno tetto agli stipendi e possibilità di investire sul mercato rimanendo al di sotto di una soglia patologica che metta a rischio la sopravvivenza delle società. Un richiamo che arriva proprio mentre la disparità di risorse e la diversità di regole tra la Premier League e gli altri campionati è diventato tema di dibattito nel Vecchio Continente. La Uefa è pronta da luglio a rendere operative nuove regole per evitare altri casi come il Chelsea di gennaio (mercato da centinaia di milioni di euro sfruttando la possibilità britannica di fare contratti da 8-9 anni e non solo di 5 come gli altri): come spesso accade, però, l’intervento rischia di essere tardivo e inutile.
Alle viste c’è un confronto duro anche con la Fifa perché le società non appaiono più disposte a farsi dettare tempi
Il nuovo format della Superlega, nelle intenzioni dei promotori, non dovrà sovraccaricare ulteriormente un calendario che è già al limite e oltre della sopportazione. Alle viste c’è un confronto duro anche con la Fifa perché le società non appaiono più disposte a farsi dettare tempi e competizioni dall’esterno ma vogliono essere sedute nella stanza dove si prendono le decisioni per far valere i proprio diritti: stop a nuove competizioni e a interventi invasivi sull’attività senza considerare i diritti di chi paga e tiene in piedi tutto il movimento.
Un atto di sfida al sistema
Il decalogo della Superlega suona, dunque, come un atto di sfida al sistema e allo stesso tempo una sorta di compromesso perché viene incontro a molte delle critiche mosse nella primavera del 2021, quando il blitz dei 12 club ribelli fu soffocato nell’arco di due giorni dalla rivolta dei tifosi e dallo schierarsi di molti governi europei. Cosa succederà ora sarà più chiaro a marzo, dopo il pronunciamento della Corte di Giustizia UE. Chi immaginava, però, una lenta ritirata davanti alle prove di forza della Uefa si deve, però, ricredere.