Una croce. Il trend dei monologhi della vagina dilaga in tv oramai da anni e sembra essere inarrestabile. Ne è vittima, non certo da questa edizione 2023, anche il Festival di Sanremo che ha dato voce sul palco dell’Ariston ai soliti piagnistei messi in scena dalle co-conduttrici scelte da Amadeus. Eccezion fatta per la sempre encomiabile Francesca Fagnani, tutte da Chiara Ferragni a Paola Egonu hanno voluto aprirci il loro cuore, raccontando quanto sia difficile essere se stesse, in quanto donne, in questo mondo così ostile. Eppure, ve lo assicuriamo, abbiamo visto anche femmine felici. La felicità, la gioia di vivere, però, è il vero tabù per le quote rosa della tv a cui tocca mostrarsi perennemente afflitte, travalicando l’orlo della commozione. Ci sarebbero tutti i presupposti per indire una petizione contro i monologhi al femminile in tv, ma poi sarebbe patriarcato. E, allora, viva il patriarcato!
Monologhi della vagina? Aridatece gli inestetismi della cellulite!
Monologhi della vagina, monologhi della vagina ovunque. Impossibile non inserirne almeno uno in scaletta, nonostante la realtà fattuale sia per fortuna ben diversa. C’è chi frigna per il bullismo, chi per le proprie insicurezze personali, chi per le difficoltà dovute al fatto di non essere mai diventata mamma. Se tali tematiche di certo abbracciano questioni che non riguardano solo l’ego delle dirette interessate, è spossante vedere come le donne non riescano a evitare di continuare a guardarsi allo specchio, come se le loro beghe fossero l’unico argomento che siano in grado di portare all’attenzione nazionale. Non è solo spossante, in realtà risulta anche a tutti gli effetti sminuente.
In un tempo nemmeno troppo lontano, venivamo bersagliate da spot tv in cui la top model Valeria Mazza ci metteva in guardia di fronte al grosso problema (non suo) degli inestetismi della cellulite. Oggi, le pubblicità ci ripetono allo sfinimento che siamo perfette così come siamo. Poi, però, quando riprende una qualsiasi trasmissione, ci ritroviamo flagellate da dubbi esistenziali e paure “rosa” che magari nemmeno ci avevano sfiorato fin lì. In quanto donne, la paura più grande che abbiamo, oramai, è quella di veder spuntare una donna famosa in tv che ci dettaglia quali siano (o dovrebbero essere) le nostre paure.
Monologhi della vagina: il terrorismo psicologico
I monologhi della vagina, a prescindere dalla loro riuscita, sono mero terrorismo psicologico. Toccano le corde dell’empatia, certo. Ma di quel tipo di empatia dolorosa, tristanzuola, che fa leva sulle nostre insicurezze, sui timori di non essere abbastanza, su tutto ciò da cui ci vorremmo onestamente allontanare dopo una giornata di lavoro, precariato o quel che è. Perché abbiamo deciso di farci andare bene una rappresentazione che ci dipinge come fasci di nervi scoperti, lasciando intendere che, al di fuori di quello, non avremmo altro da dire? “Hai paura di non diventare mamma nei tempi giusti?”, “Guarda, io veramente mi stavo facendo un caffè”, verrebbe da rispondere.
E magari proprio così rispondiamo, ma intanto il seme è piantato. E viene amplificato da tutte le testate che riprenderanno quell’interrogativo nei giorni a venire – sì, qui stiamo parlando dell’apprezzatissimo monologo di Chiara Francini durante la quarta serata del Festival. Perché ci sta bene essere bersagliate in questo modo becero da messaggi che sì, forse ci capita anche di vivere, ma che non bastano a descrivere chi e cosa siamo in termini assoluti? Terrorismo psicologico e like un tanto al chilo. A questo si riduce l’unità di misura della rappresentazione delle donne nel 2023. Molte plaudono, giulive. Per fortuna, però, c’è chi si smarona.