Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? Le elezioni regionali in Lombardia e Lazio, nonostante la bassa affluenza alle urne, hanno impegnato i media e l’opinione pubblica delle aree coinvolte. I risultati, tra ipotesi confermate e svolte, possono essere letti anche con una lente di genere. Per quanto riguarda la Lombardia poco più di un quarto sono le politiche elette (22 su 80): 13 nella maggioranza, 9 nei partiti di minoranza. In Lazio su 51 seggi 21 sono occupati da politiche, 5 in più rispetto al 2018. Significa che le quote rosa stanno funzionando? Ne abbiamo parlato con la consigliera regionale della Lombardia Paola Bocci.
L’introduzione delle quote rosa con la legge n. 20 del 2016 aveva come obiettivo aumentare la rappresentanza di genere nei consigli regionali. Di conseguenza nelle liste i candidati e le candidate devono essere inseriti nelle liste in modo che gli uomini non superino il 60% del totale. Inoltre viene consentita l’espressione di almeno due preferenze, una per genere. Il numero di consigliere regionali negli ultimi anni è effettivamente aumentato. Significa che le quote rosa funzionano?
Secondo la sua esperienza di politica e consigliera regionale, possiamo considerare questi risultati (almeno per ora) un successo?
Ci sono stati miglioramenti ma ancora poco sensibili. Certamente la legge nazionale 20/2016 che ha introdotto la possibilità di esprimere una doppia preferenza nelle liste regionali (e purtroppo qualche regione ancora non l’ha recepita) – che non significa introdurre una quota rosa, ma dare un’opportunità in più all’elettore di scelta – ha portato ad un miglioramento per ciò che riguarda la candidabilità delle donne nel rispetto della parità di genere, ma l’essere poi effettivamente elette è tutt’altra cosa.
Quali sono gli elementi che ostacolano il voto alle politiche?
Questo non potrà avvenire “alla pari” senza un vero e profondo cambiamento culturale, perché è evidente che la maggioranza degli elettori e purtroppo delle elettrici interpreta ancora la rappresentanza politica come una cosa da uomini. Solo in Emilia Romagna si arriva quasi al 40% di rappresentanza in Consiglio. In tutte le altre regioni si è molto al di sotto.
In Lombardia, infatti, la componente femminile raggiunge il 27,5%. È poi complesso per le politiche raggiungere i ruoli apicali.
Infatti non va meglio, anzi, guardando la composizione delle Giunte e le deleghe più importanti. Anche in Lombardia in quel consesso, che poi è quello che decide, la parità è molto lontana. E pochissime sono poi le donne con un assessorato che ha capacità di spesa significativa.
Quindi la possibilità di esprimere una doppia preferenza è sufficiente?
No, la possibilità di esprimere una doppia preferenza non basta, ma certo occorre un profondo investimento sulle candidature femminili anche da parte dei partiti, dando loro visibilità e opportunità. Donne capaci e competenti ce ne sono, anche con profili, sensibilità ed esperienze, differenti, che possono tranquillamente competere con candidati uomini.