Perché potrebbe interessarti questo articolo? L’attuazione del Pnrr è spesso fuori dai radar del dibattito pubblico. Eppure non mancano delle criticità, che siano geografiche per quanto riguarda il Mezzogiorno o che attengano a specifici mondi, come quello del volontariato e dell’associazionismo. Ecco una mappa di (alcuni) dei problemi che riguardano la realizzazione del Piano
Un decreto Pnrr è in Parlamento, all’esame del Senato, per facilitare l’attuazione del Piano che deve dare la spinta all’economia italiana. Ma, stando ai vari studi portati avanti nelle ultime settimane, il provvedimento potrebbe non bastare a realizzare gli obiettivi fissati. Perché dal Mezzogiorno al mondo dell’associazione e del volontariato, raccolto nell’etichetta di Terzo settore, sono state segnalate importanti questioni da affrontare. E di non facile risoluzione, soprattutto nell’immediato.
L’alert più significativo proviene dal Sud. Una ricerca, condotta dalla Svimez, mette in evidenza come persistano la doppia velocità nella realizzazione del piano tra le regioni settentrionali e quelle meridionali. «La realizzazione di un’infrastruttura sociale al Sud richiede nove mesi in più rispetto alla media dei Comuni italiani», spiega lo studio. Una distanza rimarchevole.
Sud e Comuni senza personale preparato
Stando alla disamina effettuata dai tecnici, affiora una mancanza di competenze interna agli enti locali, costretta a rivolgersi all’esterno, con quel che ne consegue in termini di spesa: «Oltre il 40% dei Comuni ha avuto necessità di ricorrere a consulenze esterne per la partecipazione ai bandi», è il dato cristallizzato. E il fattore anagrafico sembra andare a braccetto con il personale tendenzialmente più anziano in alcune aree: «La percentuale di personale under 40 dei Comuni è solo del 4,8% nel Mezzogiorno (10,2% nel Centro-Nord); solo il 21,2% dei dipendenti comunali del Mezzogiorno è laureato (28,9% del Centro-Nord)».
C’è poi un aspetto rilevante sulle modalità di attuazione del Pnrr: le opere che procedono più a rilento, sempre al Sud, sono quelle con investimenti fino a un milione di euro. I ritardi si accumulano soprattutto nelle fasi iniziali di affidamento dei lavori, rallentate dalle carenze di personale tecnico specializzato in particolar modo nei piccoli Comuni. E qui si innesta un altro punto, che si salda con quanto raccontato finora: i ritardi non riguardano esclusivamente un’area geografica le aree interne e i piccoli Comuni. Secondo quanto riferisce l’Uncem, l’associazione che riunisce piccoli comuni e comunità montane, molte amministrazioni tra 5mila e 15mila abitanti devono tirare fuori soldi della loro cassa. E sono risorse che molto spesso non hanno a disposizione.
La conseguenza è semplice: tutto si blocca, per problemi contabili e finanziari. «Occorre un fondo rotativo da 500 milioni di euro consentirebbe di ovviare al problema, che di fatto inceppa il Pnrr», dice a True-news Marco Bussone, presidente dell’Uncem. Qualcosa si sta muovendo nel decreto in discussione a Palazzo Madama, ma per rendere più efficace la misura sarà necessario potenziare il fondo.
Pnrr: trasparenza e Terzo settore
C’è poi un ulteriore tema: quello della trasparenza sulle risorse destinate al mondo del volontariato. Il Terzo settore di cui spesso si parla come un comparto decisivo per la realizzazione del piano. Stando all’osservatorio di openpolis, che collabora con il Forum del Terzo settore, le risorse previste per attuare le 59 misure orientate al settore, sono pari a 37 miliardi e 610 milioni. Cosa non funziona allora? «Una difficile conoscibilità dello stato di attuazione del Pnrr». Se infatti da un lato è possibile conoscere «quali sono le iniziative finanziate, dall’altro non è dato sapere quante risorse sono state effettivamente erogate sui territori e a quali destinatari».
Tuttavia, viene rimarcato un aspetto da parte dell’associazionismo. Il coinvolgimento, all’interno dei bandi, è nella maggior parte dei casi indiretto. Viene quindi demandato alle istituzioni locali; che possono scegliere o meno di avvalersi della collaborazione delle organizzazioni attive sui territori. «Quest’ultimo rappresenta senza dubbio un punto debole nel Pnrr. Perché si rischia di produrre risultati disomogenei sui territori. E viene a mancare, al di là della distribuzione delle risorse, la garanzia dell’efficacia delle misure; che è frutto di una collaborazione di più attori», afferma Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore. Insomma, come diceva la vecchia canzone “si può fare di più”. Ma con un’aggiunta nel caso specifico: si deve fare di più.