Perché leggere questo articolo? La corsa alle armi mondiale non ha sosta. La tecnologia fantascientifica segue però un principio antico. Uccidere di più e in maggiore sicurezza, col minor numero di perdite. Ieri come oggi, la ricerca di armi per i nuovi tipi di guerra va così.
Le armi sono da sempre un volano per lo sviluppo e l’innovazione tecnologica. Fuor da ogni ipocrisia, molti progressi scientifici e tecnologici nascono dal campo militare. Così è sempre stato nella storia. Dall’età del bronzo all’era atomica, molte svolte sono legate alle armi. Uccidere di più, uccidere in maggiore sicurezza, uccidere col minore numero di perdite possibili. Questo il “trittico” con cui le rivoluzioni militari prendono piede.
Robot e IA, le armi del futuro sono già qui
Dall’arco composito al carro armato, dal fuoco greco ai bombardieri stealth. Non c’è innovazione militare che non abbia preso piede così. Il futuro, che in un certo senso è già presente, riserverà un crescendo di innovazioni di questo tipo. Le armi della parte centrale del XXI secolo saranno le più sofisticate mai prodotte. A livello di prototipo o in mano alle agenzie di intelligence più specializzate del pianeta, alcune operano già.
Un esempio per tutti. Absard, Iran, 27 novembre 2020. Mohsen Fakhrizadeh, generale e capo del programma militare nucleare iraniano, è ucciso in un agguato che le forze di sicurezza e i Pasdaran non erano riusciti a prevedere. Chiara e pressoché certa la mano che ha ucciso Fakhrizadeh: quella israeliana del Mossad. Stupefacente e inquietante al tempo stesso il mezzo usato per eliminare lo “scienziato in capo” degli ayatollah: un robot armato di mitragliatrice a controllo remoto, addirittura armato di software di intelligenza artificiale secondo le indiscrezioni, avrebbe colpito Fakhrizadeh.
Robot e intelligenza artificiale sono i nuovi ritrovati che spingono verso l’alto la complessità tecnologica delle armi. Vale sia per i dispositivi “sacrificabili”, fatti per sostituire l’umano (e uccidere) in missioni ad alto rischio. Ma anche per le punte di lancia degli eserciti moderni. “Dai minuscoli elicotteri impiegati dalle forze speciali americane in Afghanistan – i “calabroni”, lunghi appena 12 cm – ai mini carri armati russi armati di lanciarazzi o lanciafiamme, l’obiettivo degli scienziati militari è sempre il medesimo: il concetto di sacrificabilità che prevede l’aumentare l’impiego di robot sacrificabili, per salvare vite umane, sia per l’obiettivo della missione, ma soprattutto per chi deve portarla a termine”, ha scritto Davide Bartoccini su InsideOver.
Tempest e B-21, i super-aerei del futuro
L’intelligenza artificiale e la robotica a guida non umana sono importanti anche per i grandi ritrovati dell’aeronautica militare, frontiera più promettente dell’innovazione strategica.
L’Italia ha siglato di recente con Regno Unito e Giappone l’accordo per il Global Combat Air Program (Gcap), il famoso caccia di sesta generazione dal nome provvisorio di “Tempest”. Nel progetto che l’asse Roma-Londra-Tokyo svilupperà non nascerà un semplice aereo da combattimento, ma una vera e propria piattaforma da battaglia. Il Gcap/Tempest sarà in continua interazione con lo spazio circostante, potrà comunicare tramite impulsi radio e Ia con i campi di battaglia, mandare informazioni in tempo reale sul posizionamento delle forze nemiche, compiere operazioni di guerra elettronica. E ovviamente colpire da distanza con i suoi missili o lanciando sciami di droni capaci di compiere missioni d’attacco o ricognizione.
Nel dicembre scorso invece l’United States Air Force ha mostrato il primo prototipo del Northrop Grumman B-21 Raider, il bombardiere di ultima generazione invisibile ai radar e capace di colpire con missili da crociera qualsiasi obiettivo nel mondo decollando dagli Stati Uniti. E inoltre in grado di operare come piattaforma di comunicazione, intelligence elettronica, individuazione bersagli sul campo di battaglia. Colpendoli poi con testate convenzionali o nucleari.
Missili ipersonici, le armi definitive?
Sulla componente aerea, un discorso a parte lo meritano i missili ipersonici che abbiamo già visto all’opera nella guerra d’aggressione russa all’Ucraina. Il punto di fondo è legato al tema dello sviluppo di vettori capaci di bucare qualsiasi sistema di difesa antiaerea muovendosi tra Mach 5 e Mach 10. Russia e Cina appaiono, in quest’ottica, in vantaggio con i vettori Zircon e Df-41, rispetto agli Stati Uniti. La cui risposta sta avvenendo sia col test di prototipi di vettori ipersonici, che il Pentagono giura non essere intenzionato ad armare con testate nucleari, sia con la forma più avveniristica di contro-difesa: le armi a energia diretta.
Di cosa stiamo parlando? Di vere e proprie “onde” di raggi laser o microonde capaci di colpire, dal cielo o da terra, un bersaglio usando l’energia termica per distruggerlo o danneggiarlo. “L’effetto si ottiene a patto di accelerare le particelle con una energia sufficiente e a condizione che il fascio risultante sia mantenuto abbastanza “a fuoco”. Proprio quest’ultimo requisito impone la scelta di particelle a carica neutra (altrimenti il fascio diverge per la repulsione di particelle che hanno la stessa carica) e suggerisce un uso preferibilmente poco terrestre”, nota Difesa Online.
Aerei da guerra trasformati in “cannoniere” laser o a microonde o armi basate da terra potrebbero essere la contromisura necessaria per fermare eventuali ondate di missili ipersonici. I missili possono anche essere adattati, nella variante ipersonica, come “killer” di satelliti. Nelle future guerre, si prevede un ruolo dominante dello spazio come terreno di battaglia. Ma le tecnologie saranno prettamente terrestri: virus, armi cyber, missili avranno l’obiettivo di colpire i dispositivi orbitanti dei nemici e farne strage. Accecando gli occhi delle potenze per la vera posta in gioco, i campi di battaglia terrestri.
I droni navali, prime armi delle guerre di domani
Last but not least, la guerra navale. Dove la competizione si gioca sulla capacità di potenziare le flotte con sottomarini d’attacco o lanciamissili balistici invisibili all’intercettazione e, soprattutto, con i nuovi ritrovati della tecnologia militare, i droni navali. Già visti in azione a ottobre con l’incursione ucraina alla base russa di Sebastopoli, i droni anfibi o quelli volanti tradizionali adatti alla guerra navale potranno in futuro giocare un ruolo come attori di sistema per operare azioni dinamitarde di intercettazione e sabotaggio.
Dall’obiettivo di colpire basi nemiche e navi a quello, decisivo, di “tagliare” gasdotti e cavi sottomarini, i droni navali sono una tecnologia che sta prendendo piede. E considerato che il primo colpo di una guerra tra grandi potenze sarà una corsa al taglio dei cavi e delle reti energetiche, forse è proprio su questo fronte che si gioca una delle partite decisive per l’innovazione militare. Costosa, complessa da governare, ma inevitabile: la costante della storia dell’uomo sulla tendenza a cercare ritrovati più sofisticati per uccidere senza essere uccisi non risparmia neanche la nostra era che si vanta portatrice di progresso.