Perché questo articolo potrebbe interessarti? Francia e Germania sono travolte dagli scoperi. Fuori dall’Europa, in Israele sono esplose violente manifestazioni politiche contro il primo ministro Benjamin Netanyahu. In Italia, nonostante la presenza di molteplici problemi sociali e contraddizioni politiche, tutto (o quasi) tace.
In Francia non si ferma la mobilitazione contro la riforma voluta da Emmanuel Macron per innalzare l’età pensionabile. Nel decimo giorno di proteste, la rabbia dei cittadini è rispecchiata da numeri monstre: oltre 740.000 dimostranti, 93.000 dei quali solo a Parigi, e 240 manifestazioni sparse in tutto il Paese. In Germania il malessere sociale ha innescato scioperi di massa per chiedere condizioni salariali migliori, alla luce dell’inflazione rampante che a Berlino oscilla intorno all’8%. E in Italia? Niente di tutto questo. Eppure, le scintille capaci di appiccare incendi analoghi a quelli che stanno divorando due delle più importanti realtà europee non mancano affatto. Tra l’inflazione galoppante, che resta elevata e intorno al 9,1%, il tema del lavoro precario e dello sfruttamento giovanile, i soliti salari bassi. E ancora: la mancata svolta economica nella scuola, le diseguaglianze generazionali e la depressione di alcune aree, Sud in primis.
Il “silenzio” dell’Italia
Per quale motivo, allora, in Italia non stiamo assistendo né abbiamo assistito a grandi manifestazioni di piazza? Ci sono diverse cause che rendono il Belpaese un caso unico nel suo genere. Innanzitutto, dobbiamo guardare alla condizione dei sindacati italiani, che per decenni si sono spesso appiattiti sulla posizione di partiti politici. Evitando di “organizzare” scioperi sul modello di quanto sta andando in scena in Francia.
Dopo di che, in Italia c’è una scarsa convergenza tra le varie sigle sindacali, con il risultato di numerosi scioperi ma frammentati e poco partecipati. All’ombra della Tour Eiffel accade esattamente l’opposto: assistiamo ad un numero minore di scioperi, ma il loro tasso di partecipazione è gigantesco.
Terzo punto da evidenziare: in Italia il malcontento sociale è stato incanalato nell’alveo politico. Detto altrimenti, il voto di protesta ha attirato le insoddisfazioni, a turno, delle classi sociali più colpite dai fenomeni della globalizzazione. Il risultato è che, le istanze che negli altri Paesi europei sono sbandierate dai sindacati, a Roma sono state inglobate dai partiti politici. I quali hanno così contribuito a raffreddare la temperatura.
Scioperi e proteste
Diverso ancora è il contesto israeliano, dove i manifestanti protestano non contro un tema legato al welfare bensì all’indirizzo di una riforma ritenuta anti democratica. In Israele la polarizzazione politica è a livelli elevatissimi, con Benjamin Netanyahu che ha letteralmente spaccato in due l’opinione pubblica. In Italia, per fare un altro confronto, la grande stagione della polarizzazione è terminata con l’era di Silvio Berlusconi. Dopo l’uscita di scena (dalla porta principale) del Cav, nessun esponente politico ha scatenato spaccature sociali come stanno invece provocando Macron e Netanyahu nei rispettivi Paesi.
In Europa, invece, come detto va in scena una primavera calda, anzi caldissima. Le fiammate più recenti hanno coinvolto Francia e Germania. Ma in precedenza anche in Grecia e nel Regno Unito si sono registrate manifestazioni degne di nota. Ad Atene è andata in scena una protesta politica, mentre a Londra i lavoratori hanno scioperato per chiedere l’aumento dei salari. In Italia, tranne sporadiche manifestazioni locali (vedi il corteo di Firenze degli operai della Gkn), è calma piatta.