Perché leggere questo articolo? Giorgia Meloni si avvicina al suo primo 25 Aprile. La premier deve governare l’avvicinamento tra spinte “revisioniste” e l’alleanza con chi nel governo spinge sul buonsenso. E ricordarsi che il governo del Paese guida, oggi, uno Stato figlio della Resistenza.
Giorgia Meloni si avvicina al suo primo 25 Aprile, data decisiva per l’esecutivo di centrodestra. E in vista dell’appuntamento il Presidente del Consiglio, al netto di passi falsi come quello sulle Fosse Ardeatine, schiera nel governo il “quadrilatero del buonsenso”. L’obiettivo? Distaccare il governo dalle accuse di simpatie col fascismo.
Meloni-Mantovano: asse a Palazzo Chigi
In primo luogo c’è la stessa Meloni, che ha imposto agli esponenti di Fratelli d’Italia un profilo bassissimo sull’anniversario della Liberazione. E a marzo, intervenendo al congresso della Cgil, ha marcato una differenza tra il suo partito e l’estrema destra extraparlamentare. Accusata dell’attacco alla sede romana del sindacato dell’ottobre 2021.
Le ha poi fatto seguito Alfredo Mantovano, raffinato giurista cattolico promosso a Sottosegretario della Presidenza del Consiglio, con delega ai servizi segreti. Mantovano ha rimediato alla sbavatura di inizio legislatura impegnando il governo a costituirsi parte civile nel nuovo filone d’indagini sulla strage di Piazza Loggia del 1974 a Brescia che ha portato al processo del nuovo sospettato, Roberto Zorzi. E rilanciato quel pragmatismo proprio della scuola di Gianfranco Fini che negli Anni Novanta iniziò la normalizzazione postfascista di Alleanza Nazionale.
Crosetto e Tajani completano il quadrilatero del buonsenso
Da non sottovalutare, poi, l’apporto di Guido Crosetto e Antonio Tajani. Il titolare della Difesa dall’inizio del mandato promuove un’immagine delle forze armate come portatrici di ordine, sicurezza e stabilità nel pieno dell’alveo democratico. Da piemontese è figlio di una terra dove la Resistenza è sentita. Proveniente da una cultura politica democratico-cattolica, Crosetto sente genuinamente il senso della Liberazione e il 25 Aprile sarà a Boves, in provincia di Cuneo, al fianco di Sergio Mattarella. Protagonista della commemorazione sul luogo di un efferato eccidio nazifascista. Quanto di più lontano si possa immaginare dall’ambiguità che – per esempio – avrebbe dato una celebrazione in un luogo simbolo per stragi interne alla Resistenza, come Porzus.
Tajani, infine, in nome di Forza Italia ha da tempo ribadito la necessità di guardare oltre il fascismo, di ritenerlo una fase chiusa della storia. E nell’esecutivo, come ribadito di recente in più conferenze stampa, ha portato la volontà dei forzisti di ritenere il 25 aprile una data divisiva, non settaria.
Meloni ha compiuto l’unica sbavatura ricordando i morti delle Fosse Ardeatine come “italiani” e non “antifascisti”. “Dal suo punto di vista posso capire un errore in buonafede” – ragiona con True-News.it un accademico convintamente schierato a sinistra come il professor Aldo Giannuli. “Meloni intendeva dire che i morti delle Fosse Ardeatine sono stati uccisi perché italiani da un esercito occupante, la Wehrmacht. Certo, c’è il dettaglio che gli antenati politici di molti suoi compagni di partito hanno contribuito a fare le liste dei fucilati”.
Le ambiguità di La Russa, una spina per Meloni
Il presidente del Consiglio deve governare un partito che col 25 Aprile ha sempre avuto più di un problema, così come con tutte le date simbolo della Resistenza. La reticenza di Meloni a definire “antifascisti” i morti delle Fosse Ardeatine è stata pochi giorni dopo chiarita dall’esternazione di Ignazio La Russa, presidente del Senato e compagno di partito di Meloni, che ha ripreso un vecchio tema caro alla destra italiana. Le Fosse Ardeatine sono state, in quest’ottica, un terribile eccidio, ma per La Russa non fu una pagina positiva l’attentato di Via Rasella a una colonna della Wehrmacht operato da partigiani comunisti che portò i nazisti alla decisione dell’eccidio.
Questo è esattamente il grado di ambiguità che Meloni vuole scardinare. Non saranno ammessi altri scivoloni, in casa Fdi, in vista del 25 aprile. Meglio darsi assenti e tacere, è la linea, piuttosto che darsi a dichiarazioni scomposte. Troppo critica la data e la ricorrenza, troppo alta l’attenzione puntata su Fdi e il governo per permettersi errori. Meloni aveva provato un inizio del suo percorso verso la pacificazione nazionale citando Nilde Iotti e Tina Anselmi, due partigiane divenute protagoniste della Prima Repubblica, nel suo discorso di insediamento, il 25 ottobre scorso.
Il messaggio che il “quadrilatero del buonsenso” vuole far passare è chiaro: la ricreazione è finita e l’era della nostalgia è da archiviare per sempre. Vale per i vecchi ex Msi e i compagni di Meloni nella “generazione Atreju” per cui spesso in passato il 25 aprile è stata la “festa della Sinistra” o una “festa di Serie B”. Nulla del genere sarà più tollerato nel governo che oggi ha la responsabilità delle sorti del Paese, e soprattutto nel suo partito-guida. Che spingerà per essere sempre più “post” e sempre meno “fascista”. Anche nella sua cifra distintiva.