Che cosa dovrebbe votare un liberale che crede che ci debba essere meno Stato e più libertà, che ogni regione (non solo quelle del Nord) debba avere una propria autonomia per essere la migliore versione di se stessa, che crede che ognuno debba poter essere libero di fare quel che gli pare purché non leda i diritti degli altri (diritti sociali, economici, civili, eccetera)?
Andiamo da destra a sinistra
Giorgia Meloni è a capo di un partito fondamentalmente centralista, che crede all’importanza dello Stato e al coordinamento da Roma. Sull’autonomia regionale non ha mai fatto mistero di non crederci e di avversarla. La Lega – a parole – è sempre stata federalista o quantomeno attenta alle autonomie. Ma la trasformazione che ha imposto Salvini per rialzarla dal 3 per cento fino ai fasti del 30 per cento (ma alle ultime elezioni politiche prese il 17), includeva nel progetto la Lega “nazionale” alle quale appartiene il Sud. E – dunque – non poteva in alcun modo mettere fine alle grosse storture dello Stato centralista perché, e sarebbe ora di dire le cose come stanno, dallo status quo c’è chi ci guadagna e chi ci perde. Inoltre, durante l’anno di governo l’autonomia non è stata raggiunta. Fine della storia. Poi c’è Forza Italia, che da sempre sarebbe la patria dei liberali e delle partite iva: ma dopo quasi 30 anni di presenza sulla scena politica quel che è stato fatto è stato fatto, e non mi pare che la situazione attuale sia migliore di quella di un tempo, in senso di decentramento da Roma.
In mezzo c’è il Terzo Polo
La riforma Renzi bocciata dal referendum conteneva il contrario dell’autonomia, al suo interno. E in ogni caso la storia del capo di Italia Viva non racconta di grandi decentramenti dalla Capitale, né di operazioni volte a chiudere definitivamente questioni come Alitalia (o Ita, come usa adesso), che infatti si sono ripresentate negli anni successivi come i peperoni dopo una cena tardi.
A sinistra il Pd non ha mai fatto mistero di essere contrario all’autonomia
A sinistra il Pd non ha mai fatto mistero di essere contrario all’autonomia, nelle sue articolazioni non lombarde o non emiliano-romagnole. I dem di queste due regioni hanno capito che ci può essere un futuro migliore per l’intera Italia se venisse attuata una riforma non leghista, ma comunque orientata in senso autonomista. Il resto del corpaccione del partito più grande della sinistra è però fortemente statalista e centralista. Esattamente come quello che c’è a sinistra del Pd, ancor più radicato nella difesa della pubblica amministrazione. Del resto tra le proposte di esponenti del Pd per risolvere il problema dei giovani in Italia c’era – scritta chiara e tonda – la misura di assunzione di 900mila dipendenti in più per la PA. Per la serie: pensiamo liberale e andiamo avanti ad occuparci di Peppa Pig.