Io sono uno di quelli che i libri, anche se non gli piacevano, doveva per forza finire di leggerli. Era un po’ una mania, che in parte ho superato perché adesso se una cosa non mi piace la mollo là, visto che il mio tempo è più prezioso della mia ossessione. Salvo quando si tratta di grandi vicende giudiziarie che infiammano per qualche tempo l’opinione pubblica, influenzano i destini politici, portano alla fortuna editoriale di questo o quello. Perché trovo inconcepibile che una storia possa appassionare per qualche giorno l’intera Italia e poi questa non arrivi al termine, non ci sia mai la parola “fine” scritta sopra. Eppure ai nostri concittadini pare non importare. Mai. Anche quando le accuse sono le più gravi.
Le inchieste finite nel nulla
C’è gente che è ancora accusata di strage per la vicenda di Alzano e Nembro, a Bergamo. Chi doveva imporre la zona rossa? Il governo, la Regione, nessuno? Sono passati due anni dall’inizio della pandemia ed è ancora tutto là, per aria. C’è uno, che si chiama Gianluca Savoini, che si dice abbia brigato per ottenere miliardi di euro di tangenti nientepopodimeno che dalla Russia di Putin. E’ la dimostrazione che la Lega prendeva i soldi dallo zar, dicevano ai tempi. Inchiesta: finita nel nulla. Ma visto che in Italia in qualche maniera una cosa deve finire, archivio, rinvio a giudizio e poi assoluzione o condanna, si può saperne qualcosa? C’è uno, che si chiama Jonghi Lavarini, che si dice avesse una “lobby nera” con soldi, riciclatori e tutto il resto. Inchiesta: finita nel nulla. C’era di mezzo anche un europarlamentare. Non risulta che abbiano sentito nessuno. Attenzione. Non sono casi che riguardano solo le persone coinvolte nel caso, ma che riguardano tutti noi. Perché quelle inchieste hanno cambiato il corso del voto, hanno influenzato menti, hanno raccontato storie. Se sono vere, quelle storie, dobbiamo saperlo. E dobbiamo saperlo in tempo utile. Non che scopriamo, dopo anni, che Savoini sta ancora al Corecom (ente pubblico) e che l’opposizione vorrebbe cacciarlo. Dopo anni dall’inizio dell’inchiesta, sta ancora al Corecom. Ed è giusto così: se non sappiamo se è colpevole, perché mai dovrebbe dimettersi? Il problema è che non sappiamo niente della sua colpevolezza o della sua innocenza, e quindi dal suo punto di vista è giusto che continui a prendere soldi pubblici per campare.
Ho citato solo tre casi lombardi, e tra i più recenti. Ma ce ne sarebbero a decine, e in tutta Italia. Perché in Italia le persone sono come dei bambini piccoli. Si addormentano appena dopo il “c’era una volta”, e non arrivano mai alla parola “fine”, neppure delle favole più spaventose.