Oggi ho letto un interessante articolo di Lirio Abbate che di fatto dice che il giornalismo è pubblicare tutto quanto è di interesse per il pubblico, e di non credere che i giornalisti coinvolti nello scandalo degli accessi illegali alle banche dati sapessero che il loro interlocutore stava facendo un reato. E mi cadono le braccia.
Dossieraggio: i giornalisti sapevano che venivano commessi illeciti
Devono essere i giornalisti a chiedere ai colleghi la massima correttezza, prima ancora dei politici. Veramente una persona sana di mente, e onesta intellettualmente, può pensare che chiamando un finanziere che ha accesso a tutte le banche dati per “controllare” se ci sono “cose” su questo o quel personaggio pubblico, o comunque basta il termine “controllare”, il finanziere vada a farsi dare l’autorizzazione in carta bollata al tribunale prima di accedere alle banche dati? Ma quando mai! Lo sappiamo tutti che non funziona così. I giornalisti chiedevano a lui perché sapevano che avrebbe interrogato le banche dati, e fingevano di non sapere che lo stava facendo illegalmente. Punto. Questo è un fatto, e non è controvertibile.
Ci autodenunciamo: abbiamo pubblicato carte senza fare l’accesso agli atti. Ma non erano segrete
Non mi nascondo dietro a un dito: ho sempre scritto facendo regolari accessi agli atti? E’ proprio qui il punto: io dichiaro e mi autodenuncio. Sì, ho pubblicato carte senza fare l’accesso agli atti. Ma quegli atti non erano segreti: erano pubblici fin da principio. E averli avuti senza accesso agli atti ha solo reso più veloce un iter comunque possibile, ma incompatibile – per le lungaggini della burocrazia – con i tempi del giornalismo. Invece i documenti che faceva filtrare il finanziere non erano pubblici neanche per niente. Non erano delibere di giunta o determine, ma erano altri tipi di dati. Su persone che magari non avevano neanche interesse pubblico, come i parenti dei politici. E no: non si trattava solo di casi isolati.
Perchè questo non è giornalismo d’inchiesta
Ci sono state richieste per accedere alle informazioni di tutti i futuri ministri, nell’estate 2023. Altro che caso di cronaca! Giusto scavare sui ministri? Sicuramente sì. Possiamo ignorare che lo strumento con il quale si scavava era illegale: no, non lo possiamo ignorare. Qui il giornalismo d’inchiesta non c’entra niente. C’entra il fatto che c’era un sistema per il quale alcuni avevano accesso tramite un amico a delle banche dati in modo irregolare, e altri – tutti gli altri, per fortuna – no.