C’è una tendenza che ormai da un po’ di anni si sta affermando nel mondo – sempre più scemo – della comunicazione e del giornalismo. Quello di chiedere di “scusarsi” a intere classi di persone. Mi spiego: c’è un dipendente infedele che rubava in una società? Si deve scusare la società. C’è un dipendente pubblico che si intascava le mazzette? Deve scusarsi il sindaco. C’è un consigliere comunale cretino che posta una scemenza? Deve scusarsi il segretario di partito. C’è un portaborse che commetteva illegalità? Si deve scusare il ministro. Fino alle estreme conseguenze e ai casi più recenti. Ci sono alpini che molestano ragazze a un raduno? Si deve scusare il corpo degli Alpini. Peggio: c’è un uomo che violenta una donna? Tutti gli uomini chiedano scusa alle donne!
Ora, non c’è un modo per dire quel che sto per dire senza risultare acido, quindi lo dico così come mi viene. Io non chiedo scusa manco per niente se qualche alpino ha fischiato alle ragazze, perché io non ho mai fischiato a nessuna o nessuno. Non chiedo scusa se un uomo ammazza la moglie, perché io mia moglie non l’ho mai ammazzata né le ho mai mancato di rispetto. E non chiedo scusa se un uomo violenta una donna, perché non mi è mai passato per la testa di farlo. Non mi inginocchio perché un poliziotto bianco ha ammazzato un povero cristo nero in America, perché non sono un poliziotto e non ho mai avuto mezzo atteggiamento razzista.
“La responsabilità penale è personale”
Sono nato bianco, e non è colpa mia (e neanche merito). Sono nato maschio, e non è colpa mia (e neanche merito). Di queste cose non chiederò mai scusa. Non chiederò scusa perché sono nato nell’Occidente, o perché vivo in quella democrazia che mi consente di essere ateo in un Paese orgogliosamente di cultura cattolica, non chiederò scusa per gli alpini, e agli alpini stessi non dovrebbe essere richiesto di chiedere scusa. Torniamo alla regola che la responsabilità penale è personale. Personale. E visto che le molestie sono un reato penale, vanno addebitate a chi le fa. Fine.