Sul banco degli imputati siede Massimiliano Allegri, uomo solo in mezzo alla tempesta. Le sue responsabilità sono evidenti, il feeling con il popolo juventino ormai rotto irrimediabilmente e il futuro tenuto insieme solo da un contratto pesantissimo e lungo (scadenza 2025) che rende il suo esonero un’operazione quasi impossibile per la Juventus, che deve fare i conti con un passivo da 250 milioni di euro da ripianare. Eppure nell’opera di distruzione della perfetta macchina bianconera, capace di inanellare scudetti e dati positivi di bilancio fino al 2020, il tecnico livornese non è l’unico responsabile. Anzi.
N0n è solo colpa di Allegri
Non è colpa solo sua se dall’estate dell’addio a Beppe Marotta, licenziato per fare posto alla dirigenza giovane che oggi non c’è più (nessuno tra Paratici, Ricci e Re si trova ancora al suo posto), la Juventus ha speso sul mercato quasi un miliardo di euro, cambiato allenatori come le camicie, affidato il mercato a due direttori sportivi, chiamato al capezzale un nuovo amministratore delegato, arrivando al risultato di indebolire squadra e progetto sportivo. Non è colpa solo di Allegri, insomma, se il meccanismo da orologio svizzero ha smesso di funzionare e – con la complicità enorme della pandemia – si è trasformato in una macchina mangiasoldi che ha obbligato Exor e la famiglia Elkann a ricapitalizzare per 700 milioni di euro in tre anni, dopo aver acceso un finanziamento poco prima, senza vedere la luce in fondo al tunnel.
L’unico primato stabilito dalla nuova era della Juventus è quello del passivo di bilancio
L’unico primato stabilito dalla nuova era della Juventus è quello del passivo di bilancio: -250 milioni di euro al 30 giugno 2022, mai nessuno così in rosso nella storia del calcio italiano. Segue il -201 del 2021 e il -90 del 2020; dati fortemente impattati dal Covid come per tutte le altre realtà del calcio europeo, ma che nascondono anche errori di programmazione nati nell’agosto 2018, quello dell’arrivo di Cristiano Ronaldo portatore del sogno di mettere le mani sull’agognata Champions League (obiettivo fallito) e di garantire un balzo avanti strutturale nei ricavi del club.
Dal 2018 al 2022 la Juventus ha speso sul mercato 877 milioni di euro con un saldo negativo di 289
Dal 2018 al 2022 la Juventus ha speso sul mercato 877 milioni di euro con un saldo negativo di 289 (dati da Transfermarkt.it). Una montagna di soldi bruciata in una girandola di scelte tecniche sbagliate o ripudiate prima che potessero esprimere compiutamente il proprio potenziale. Esempi? Kulusevski e Bentancur, esplosi poi nel Tottenham di Conte dopo essere stati giudicati al massimo delle riserve a Torino. Oppure Romero e Demiral, difensori che avrebbero fatto comodo e che invece stanno facendo fortune altrui. O Cancelo, pilastro del Manchester City scambiato con Danilo (che sta rispettando il suo ruolo) nel periodo delle operazioni di finanza a caccia di plusvalenze che ha portato alla Continassa anche il brasiliano Arthur ora diventato un problema per lo stipendio esorbitante e l’incapacità di adattarsi ai ritmi richiesti in Serie A e Premier League, se è vero che il Liverpool non vede l’ora di rispedirlo al mittente.
E poi i parametri zero costati una fortuna tra stipendio e commissioni
E poi i parametri zero costati una fortuna tra stipendio e commissioni e che in campo non hanno resto, trasformandosi solo in un costo: Ramsey e Rabiot. Kean imbarcato in fretta e furia nelle ore dell’addio di CR7, pagato 40 milioni di euro dopo averlo preso dal Verona, mandato in prestito, venduto e riconsiderato funzionale ma mai esploso. McKennie che doveva rappresentare la nuova frontiera e altri non è che un comprimario, Zakaria che ha ballato solo una primavera prima di essere girato in prestito per alleggerire il monte stipendi, Locatelli inseguito con tenacia e bollato da Allegri come “riserva” (di lusso visto i 27 milioni scuciti al Sassuolo). De Ligt che non è stato il fenomeno pagato 75 e che se n’è andato stufo dell’andazzo dopo due quarti posti consecutivi.
Le perplessità su Di Maria, parametro zero ma ingaggio notevole
Fino ad arrivare all’ultima finestra di calciomercato in cui anche Max ha avuto le sue responsabilità, avendo richiesto o avallato molti dei nuovi arrivi. Le perplessità su Di Maria, parametro zero ma ingaggio notevole, giravano dall’estate e sono state confermate dall’avvio di stagione: fuoriclasse sulla via del tramonto e con in testa il Mondiale. Pogba si è fatto male e a Manchester aveva vissuto le ultime due stagioni con frequenti soste in infermeria. Kostic sembrava imprescindibile e in campo è sparito, sempre aspettando il rientro di Federico Chiesa che è l’unico che può davvero maledire la cattiva sorte per la rottura dei legamenti e il lungo percorso per tornare a essere un calciatore.
Quella dal 2018 è la cronologia di una serie di micro e macro fallimenti
Quella dal 2018 è la cronologia di una serie di micro e macro fallimenti che hanno creato l’attuale situazione. Uscirne non è semplice, anche perché immaginare un cambio tecnico adesso o a fine stagione significa mettere nelle mani di un nuovo allenatore un progetto tecnico che riparta da zero. A quali costi? La Juventus è abituata a ragionare su un orizzonte temporale di tre anni e ad accompagnare le svolte con una robusta iniezione di risorse, ma si tratterebbe della terza di seguito e non è scontato che sia una via percorribile. La certezza, però, è che Max Allegri con la sua confusione non può essere l’unico colpevole del disastro. Il problema è che, forse, non è più nemmeno la soluzione.