I giornalisti vogliono dare le notizie. Io penso che abbiano ragione. Hanno ragione perché le informazioni sono fondamentali per la vita democratica. Da alcuni mesi è in vigore una riforma, chiamata in modo approssimativo Riforma Cartabia, che di fatto dice una serie di cose. Semplificando dice che i pm non possono più parlare con i giornalisti, e che può farlo solo il procuratore capo. Che non possono più chiamare le inchieste con nomi altisonanti perché le inchieste non sono il segno di una colpevolezza e se indaghi qualcuno all’interno dell’operazione “Mafia in Italia” e poi magari quello è innocente non è che tu gli abbia fatto un buon servizio e abbia fatto un buon servizio alla giustizia.
Il punto di fondo però è uno solo: si cerca di inibire i giornalisti dall’avere le carte
Il punto di fondo però è uno solo: si cerca di inibire i giornalisti dall’avere le carte. Che cosa sono le “carte”? Molto semplice: è l’atto dell’accusa che viene mandato agli indagati perché possano iniziare a difendersi. Ed essendo l’atto dell’accusa è di parte, quella dell’accusa appunto, che ipotizza che gli indagati siano colpevoli. Il problema è che quelle carte vengono prese per oro colato sia dai giornalisti che dai lettori, e così gli indagati diventano colpevoli a priori. Non potendo fermare i giornalisti, visto che il nostro è un mestiere tutelato dalla Costituzione, la legge cerca di limitare le nostre fonti, ovvero i magistrati. Giusto? Sbagliato? Secondo me è stra-giusto, perché siamo andati davvero troppo oltre. La nostra vita democratica è stata deviata dal naturale corso per inchieste che non avevano alcun senso, e soprattutto sono state deviate e incasinate vite, persone, famiglie, legami, individui innocenti fino a prova contraria, che appunto dopo processi infiniti sono stati assolti. Conosco un ex sindaco che è tredici anni tredici che aspetta di sapere se è colpevole di un reato oppure no. Questo è il mio punto di vista, da giornalista garantista. Eppure sono lo stesso giornalista che ieri ha fatto pubblicare le carte dell’inchiesta di Bergamo sul Covid, perché se mi arrivano, in qualche modo, io le carte le do. Il problema è tutto della procura che deve fare in modo che non escano. Se escono, io ho il dovere di darle.
E qui arriva il punto: perché le carte escono?
E qui arriva il punto: perché le carte escono? La riforma avrebbe dovuto impedire proprio questo. Eppure in questi due giorni abbiamo visto tutta una serie di indagati eccellenti, dall’ex premier al riconfermato Governatore, a un ex ministro, sapere delle indagini dalla stampa. Nessuno li aveva avvertiti, e questo vuol dire che i loro avvocati non sapevano dell’inchiesta. E se non sapevano dell’inchiesta vuol dire che ai giornalisti l’informazione è stata passata dalla Procura. Il Procuratore Capo, che ha espresso fastidio per questa fuga di notizie, è andato immediatamente in televisione a fare varie interviste qui e là parlando di una inchiesta che cambierà la storia del Covid, che apporterà benefici filosofici e scientifici.
Pensa che imbecilli noi che pensavamo che le inchieste non fossero manuali di filosofia o di medicina, pensavamo che servissero per dire se una tal persona è colpevole o no di un reato. Comunque non c’è molto da preoccuparsi, o forse sì. Alla fine Cartabia o no è rimasto tutto come prima: gli indagati sanno di esserlo dai giornali, gli atti dell’accusa escono fuori senza troppo sforzo, e la magistratura si sostituisce praticamente a tutti.
Da adesso, oltre ai politici, anche ai filosofi. Non parliamo del giornalismo: si sono sostituiti ai media, sdraiati e proni, ormai decenni fa.